Un passo indietro per l’autonomia delle Regioni in fatto di gestione della scuola d’infanzia ed elementare. E’ questa l’indicazione avuta dalla Consulta attraverso una sentenza, depositata il 15 luglio, che ha in parte accolto alcuni rilievi dei ricorsi presentati dalle Regioni Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, in particolare sull’anticipazione dell’età di accesso scolastico. La sentenza stabilisce, infatti, che le Regioni non possono interferire su funzioni di carattere generale impartite dallo Stato, come la suddivisione delle discipline d’insegnamento o il numero di ore di lavoro del tutor. Le Regioni potranno mantenere, invece, la definizione di funzioni riguardanti materie più specifiche e attinenti alla gestione di ogni singola realtà locale, come ad esempio la gestione del tempo pieno.
Il giudizio espresso dalla Corte ha trovato immediata soddisfazione a livello sindacale. “In un quadro normativo e politico che tende sempre più alla regionalizzazione ed alla devolution – ha affermato Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola – quella espressa dalla Consulta è una sentenza molto importante perché finalmente fissa dei paletti a proposito di pericolose sovrapposizioni di competenze tra Stato e Regioni”.
Non è la prima volta che la Corte si esprime sul decreto di riforma della scuola d’infanzia e primaria. Già nel gennaio del 2004, con la sentenza n. 13, la Corte Costituzionale fissò un principio di competenza che faceva prevalere il diritto allo studio sulle competenze delle Regioni. “Il giudizio del 15 luglio è quindi la conferma – dice Di Menna – che bisognerebbe bloccare tutte le riforme in atto nella scuola: servirebbe infatti un periodo di transizione durante il quale organizzare un tavolo a tre con Governo, Regioni e rappresentanti dei lavoratori. Non si possono infatti attuare le riforme senza sentire cosa ne pensano gli attori principali”.
Per la Uil la decisione della Corte rappresenta un chiaro segnale anche in chiave di riforma della scuola secondaria, al momento in esame al Senato dopo la prima approvazione alla Camera: “E’ evidente che però non è questa la strada giusta per dare orientamenti sul futuro della scuola italiana: il Governo – conclude il segretario nazionale – dovrebbe capire che per legiferare su questioni così delicate occorre il sostegno del Parlamento e di tutte le parti coinvolte nel sistema. Su temi così importanti, come la formazione culturale dei nostri giovani, non bisognerebbe giungere alla richiesta di pareri da parte della Consulta”.