I lettori ci scrivono

La continuità didattica spesso rimane una chimera

A pochi mesi dall’avvio del nuovo anno scolastico 2022/2023, l’interpretazione lacunosa della normativa vigente, mette da parte la tanto decantata continuità didattica, presupposto per garantire il diritto allo studio degli alunni e, in particolare, di quelli con disabilità. Come ci ricorda la norma e in particolare l’art. 14 del Dlgs 66/2017, “la continuità di alunne e alunni, studentesse e gli studenti con disabilità certificata è garantita dal personale della scuola, dal piano per l’inclusione e dal PEI“.

Al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, inoltre si applica l’art. 461 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica, al comma 3 dell’art. 14 del Dlgs 66/2017 si legge che “ai docenti con contratto a tempo determinato per i posti di sostegno didattico possono essere proposti, non prima dell’avvio delle lezioni, ulteriori contratti a tempo determinato nell’anno scolastico successivo, ferma restando la disponibilità dei posti e le operazioni relative al personale a tempo indeterminato, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 131, della citata legge n. 107 del 2015“. 

Il problema spesso nasce dalla mancanza di risorse finanziarie per coprire l’assunzione di un docente di sostegno a tempo indeterminato per l’anno scolastico successivo al fine di garantire la continuità educativo-didattica all’alunno con disabilità, anche nei casi in cui la famiglia ne faccia esplicita richiesta. 

Come sappiamo, la continuità didattica per un alunno con disabilità è di certo fondamentale per superare difficoltà a cui può andare incontro e consolidare le relazioni con i pari. Il ritrovare nel corso degli anni il docente di sostegno che lo ha seguito l’anno precedente, contribuisce a dargli sicurezza e fiducia nelle proprie possibilità di riuscita, nonché senso di autostima e di autoefficacia. 

Altre situazioni problematiche si ravvisano quando viene data ai docenti di ruolo la possibilità di fare domanda di mobilità, anche provvisoria, a prescindere dalla compatibilità con le esigenze formative che sono sottese al servizio offerto agli studenti; dall’altro lato, si evidenzia il reiterato e abusato utilizzo che lo Stato fa di docenti precari, molti dei quali ricoprono i posti di sostegno senza titolo e sono costretti a improvvisare la delicata azione formativa a cui sono chiamati a rispondere. 

Potrebbe essere auspicabile dunque una linea di intervento relativa ai trasferimenti che sia compatibile con le esigenze formative dell’alunno con disabilità. 

Quasi sempre infatti le regole sulla mobilità del personale vanno a discapito della tanto anelata continuità didattica. Se è vero che per il docente di sostegno vige l’obbligatorietà di rimanere per almeno 5 anni su posto di sostegno prima di un eventuale passaggio di ruolo su posto comune, dall’altro canto, la disposizione non obbliga il docente a restare durante il quinquennio nella stessa istituzione scolastica, rendendo vana, pertanto, qualsiasi forma di continuità didattica. 

Ogni anno gli alunni con disabilità, presenti nelle classi di ogni ordine di scuola, sono costretti a cambiare il docente di sostegno e in molti casi i posti di sostegno sono ricoperti da insegnanti di classi di concorso in esubero o che chiedono l’assegnazione provvisoria, non specializzati per le attività di sostegno, i quali, non avendo scelto volontariamente di occuparsi di attività di sostegno, considerano questa opzione come unico mezzo per soddisfare esigenze personali. 

Inoltre si continua a dire che mancano i docenti specializzati, ma non si vuole prendere consapevolezza che esistono migliaia di docenti specializzati che non vengono stabilizzati, con grave danno per i ragazzi ai quali si nega la continuità educativo-didattica e il successo formativo. 

Nonostante la normativa italiana per l’inclusione sia giudicata all’avanguardia, i bisogni degli alunni con disabilità vengono, troppo spesso, sacrificati e messi da parte. Da ciò consegue la precarizzazione dei docenti specializzati, che va a scapito della continuità didattica, fattore determinante per favorire il successo formativo dei ragazzi con disabilità.

Francesco Aloisi

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