Le logiche di risparmio della spesa pubblica non possono essere annoverate tra le ragioni oggettive necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine.
Dopo altre condanne prodotte dai giudici di primo grado nei confronti del Ministero dell’Istruzione per la mancata progressione di carriera accordata ai supplenti annuali, la Corte di Appello di Torino ha dato piena ragione ad una docente di scuola elementare con diversi contratti a termine che in primo grado aveva ottenuto il riconoscimento al pagamento delle differenze retributive, i cosiddetti ‘scatti’ biennali, che avrebbe vantato se fosse stata assunta di ruolo.
Secondo i giudici le logiche di risparmio della spesa pubblica non possono essere annoverate tra le ragioni oggettive necessarie per disapplicare la normativa comunitaria sui contratti a termine, in osservanza alle recenti sentenze della Corte di Giustizia europea: sostenere il contrario, come fa sistematicamente lo Stato italiano con i precari della scuola, significa continuare a violare la clausola 4 della direttiva 1999/70/CE, recepita dall’art. 6 del d.lgs. 368/01, creata dal legislatore sovranazionale proprio per far prevalere il principio di non discriminazione.
A tal proposito, vale la pena ricordare che nella gerarchia delle fonti normative quando al giudice si palesa il contrasto tra norme interne e comunitarie, questi ha l’obbligo di disapplicare le prime in favore delle seconde. Come nel caso di specie. Per l’Anief si tratta di un altro importante successo dopo le tre recenti sentenze del tribunale del lavoro di Trapani che hanno assegnato complessivamente oltre 500mila a tre docenti precari ‘storici’ della scuola pubblica
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