Si aprirà nelle prossime settimane la costituente della Scuola. A quanto pare, in base alle volontà come manifestate dall’attuale Ministro dell’Istruzione lo scopo sarà quello di avviare “un dibattito in tutto il paese su questo bene primario che è la scuola” Per comprendere “cosa ne pensano, e come la vorrebbero, presidi, insegnanti, studenti, genitori, partiti, fondazioni, associazioni”. Certo, la democrazia legittima la partecipazione di tutti i soggetti che indirettamente o direttamente sono interessati al mondo della scuola per diversificati interessi, come fondazioni, banche ed aziende incluse, ma il punto è quale metodo? Per quale fine? In Italia si sono già svolte alcune consultazioni pubbliche.
La più rilevante è quella sulle riforme costituzionali che è stata articolata su due questionari di differente ampiezza e approfondimento: un “questionario breve” e un “questionario di approfondimento”.
Le domande prevedevano delle scelte opzionali con l’aggiunta di alcuni campi aperti, ed erano corredate da didascalie, approfondimenti e un glossario.
La consultazione ha incluso inoltre una fase di dibattito online sulla piattaforma Civici.
Durante il periodo della consultazione sono stati organizzati diversi eventi e campagne di sensibilizzazione per coinvolgere ed informare i cittadini di diverse fasce d’età, abilità e competenze.
I dati della partecipazione sono i seguenti: 4 milioni di minuti spesi dai partecipanti alla consultazione; 4 milioni di pagine viste e 475.000 visite al sito, di cui oltre 21% da tablet o cellulari; partecipazione distribuita in misura omogenea tra i 18 e i 68 anni;
Hanno compilato il questionario: 66% uomini, 34% donne; titolo di studio: 43% diploma superiore, 32% laurea, 12% dottorato o master, 11% licenza di scuola media inferiore; Professioni: 21% impiegati, 15% pensionati, 14% funzionari, 11% studenti, 8% liberi professionisti; 450 amministrazioni ed enti pubblici coinvolti nella diffusione. I risultati della consultazione pubblica sono stati consegnati al Governo per permettere al Parlamento di prendere decisioni informate sulla base di un corpus completo di indicazioni.
L’altra consultazione pubblica che è in itinere è Destinazione Italia , ovvero la politica organica del Governo per attrarre gli investimenti esteri e favorire la competitività delle imprese italiane. Si compone di 50 misure che incidono su tutto il ciclo di vita dell’investimento. Nel settore della scuola, quella più specifica, è stata la la procedura di revisione delle indicazioni nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione che ha coinvolto le istituzioni scolastiche statali e paritarie che sono state invitate ad esprimersi su una bozza fatta pervenire alle scuole il 30 maggio 2012.
La consultazione si è svolta dal 31 maggio al 7 di luglio e ha visto la partecipazione di oltre 4500 scuole, che hanno risposto in modo completo al questionario, e di altre 5000 scuole circa che hanno scaricato i materiali e/o hanno risposto in modo incompleto o parziale. Inoltre più di 2200 scuole hanno inviato brevi osservazioni su specifici aspetti del documento proposto.
Un questionario da 25 domande, dove era possibile una sola risposta aperta, alla fine del questionario, per produrre un’idea, un suggerimento, un’osservazione al massimo con 250 caratteri, spazi compresi! Insomma la possibilità di esprimere un giudizio ed una opinione critica era minima. Si trattava di risposte impostate su argomenti e domande scelte dall’alto del Governo per legittimare certe e date scelte politiche. Ma la consultazione pubblica, per essere tale, richiede processi lunghi, e non deve essere calata dall’alto.
Sarebbe, a livello metodico, e rispettoso verso le funzioni svolte dalle associazioni di categoria, verso chi da anni scrive e si occupa di scuola, verso chi da anni lotta e lavora per ed anche nella scuola, avviare invece l’idea di una proposta di consultazione pubblica dal basso e non dall’alto. Devono essere le soggettività attive nella scuola a farsi direttamente carico di proporre una o più piattaforme in tema di scuola. Una volte realizzate, queste possono essere consegnate al Governo, ed il Governo, una volte ricevute, potrà avviare una consultazione pubblica sulle proposte ricevute, sulle piattaforme ricevute da parte di chi vive direttamente ed indirettamente la scuola, a parità di condizioni. Perché calare le cose dall’alto comporta due fattori: indirizzare le risposte su argomenti già predefiniti; proporre argomenti e tematiche specifiche come decise solo da chi ha strumenti di potere, interessi economici rilevanti e significativi, tali da condizionare l’impostazione della consultazione per fini utili alle categorie da questi rappresentati. Io sono favorevole alla consultazione pubblica nella scuola, alla democrazia reale e partecipata, ma non calata dall’alto. E specialmente ad una consultazione che duri alcuni anni, e non pochi mesi,che coinvolga con dibattiti, assemblee, discussioni reali e non solo virtuali, tutta la cittadinanza.
Come fermare o rivedere questo processo, una volta che inizierà a riscaldare i motori? E’ questione di tempo. Certo, vi è la possibilità, alta, che quella consultazione finisca chiusa in qualche cassetto, d’altronde l’Italia è nota per l’instabilità dei governi e per quella demagogia che fomenta illusioni e false speranze. La scuola è un bene comune, è una cosa seria che non si può liquidare con un colpo fugace di tastiera.
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