Nata per prevenire il coinvolgimento dei minori nelle attività criminose soprattutto nelle regioni italiane del Sud, la legge n. 216 del 1991 incomincia a dare risultati tangibili; secondo uno studio di "valutazione d’impatto" realizzato recentemente dal Censis, la legge ha consentito la creazione di veri e propri tavoli di concertazione fra le diverse istituzioni: più del 54 per cento dei progetti ha visto il diretto coinvolgimento delle scuole; le associazioni risultano coinvolte nel 52 per cento dei casi e le parrocchie nel 34%.
Lo studio del Censis rivela anche particolari insoliti: il problema della criminalità minorile, per esempio, non è una prerogativa esclusiva del Sud o delle Isole; se è vero che Crotone è la provincia con il più alto tasso di minori denunciati dalle forze dell’ordine (145 per ogni 100 mila abitanti), fra le province che seguono subito dopo in graduatoria troviamo Firenze (103 su 100 mila abitanti), Savona (84 su 100 mila), Pistoia (78) e Prato (76,5).
Solo a questo punto troviamo Caltanissetta (74,6) e Taranto (72,6), ma Imperia e Pordenone vengono prima di Catanzaro, mentre nessuna provincia della Campania è compresa fra le prime venti della classifica.
"La devianza giovanile – osserva il Censis – a forte radicamento territoriale meridionale si sta trasformando in un fenomeno più inquietante, più diffuso e ramificato in cui il ruolo della criminalità organizzata è solo una delle facce del fenomeno. I rischi di devianza cui sono esposti i giovani sono ancora più impalpabili e sfuggenti e spesso prendono il nome di apatia, anomia, fragilità sul piano della capacità di progettare la propria vita".
Ma quali azioni sono state intraprese grazie alle possibilità offerte dalla legge 216?
I progetti realizzati possono essere ricondotti a due tipologie principali:
– formazione e inserimento lavorativo del minore;
– centri di aggregazione e di attività sociali, allo scopo di creare sul territorio punti di riferimento per la promozione di una cultura della legalità.
Il Censis ritiene particolarmente apprezzabile la strada imboccata in quanto proprio la doppia faccia del disagio (strutturale/economico oltre che culturale/valoriale) fa emergere la necessità di muovere il doppio pedale del sostegno all’occupazione da una parte e della creazione di comunità di riferimento dall’altro.
Qualche problema comunque non manca: uno degli ostacoli più forti alla piena realizzazione della legge sembra essere la lentezza burocratica a livello locale, chiamata in causa in più del 50 per cento dei casi, mentre i profili professionali dei dipendenti delle Amministrazioni locali e dei tecnici che hanno realizzato i progetti vengono in genere considerati favorevolmente.