I lettori ci scrivono

La crisi della comunicazione in famiglia

Oggi, genitori e figli cresciuti e immersi nella cultura audiovisiva e digitale hanno maggiore familiarità con il mondo dei suoni, dei  messaggi e delle immagini che con quello della parola che,  sistematicamente e gradualmente, viene svuotata della sua forza creativa e formativa.

Computer, tablet e smartphone fanno ormai parte dell’arredo delle nostre case e delle nostre scuole e ci accompagnano in ogni momento della nostra  giornata. Schermi di varia grandezza con vari effetti luminosi riempiono le nostre attese, ci fanno compagnia  mentre siamo in strada, in bicicletta, al supermercato, a cena con la famiglia e gli amici ecc. e,  con la loro forza, ci avvolgono, ci isolano e ci penetrano in ogni lato.

Ma questo nuovo mondo di suoni, di immagini, di impulsi e di vibrazioni cosa produce nella nostra mente e, soprattutto, in quella dei nostri ragazzi?

I limiti e i rischi di una cultura affidata prevalentemente all’uso e all’abuso di questi strumenti tecnologici che, attraverso un flusso continuo  di immagini, spesso, senza né capo né coda danno la sensazione di dominare il mondo,  sono ben evidenti e riconosciuti: impongono una realtà che non fa leva sull’intelligenza, bensì sull’emotività, sostituiscono il dialogo con  la banalità di slogan e stereotipi, fanno immaginare come vere cose non vere.

L’estrema semplificazione e facilitazione della comunicazione mediante strumenti  sempre più efficienti e complessi, ma, sostanzialmente, incapaci di coinvolgere emotivamente e di far pensare, di distinguere la zizzania dal buon grano, riduce e offusca l’incontro.

Per comprendere appieno il valore della parola resta ancora valida la pagina profetica di Paolo VI della Evangelii nuntiandi che al n. 42 dice : “Sappiamo bene che l’ uomo moderno sazio di discorsi, si mostra spesso stanco di ascoltare e, peggio ancora, immunizzato contro la parola. Conosciamo anche le idee di numerosi psicologi e sociologi, i quali affermano che l’uomo moderno ha superato la civiltà della parola, ormai inefficace e inutile e vive oggi nella civiltà dell’immagine… La fatica che provocano al giorno d’oggi tanti discorsi vuoti e l’attualità di molte altre forme di comunicazione non debbono tuttavia diminuire la forza permanente della parola, né far perdere la fiducia in essa”.

Nel momento attuale, la crisi del dialogo e della parola in famiglia  sta generando  un’atmosfera di silenzi a due voci che rattristano  gli animi,  generano tensioni, disaccordi  di vedute, di atteggiamenti  che possono provocare disagi e sofferenze interiori, disorientare il giovane e assorbirlo nella banalità quotidiana di una presenza vuota.

In molte famiglie, infatti, vi sono ancora profonde e anguste  derive che impediscono il dialogo e il confronto, dove i figli non sempre riescono a dare  libero sfogo alla loro intelligenza e alla loro creatività.

Manca una saggia ed equilibrata attività quotidiana che crei le più favorevoli condizioni di partecipazione al dialogo e, perciò, faciliti l’uso della parola come strumento che educa, stimola, sostiene, rinnova e conforta.

La famiglia deve essere intesa come centro promozionale di dialogo, strumento privilegiato per educare i figli alla conversazione, motivo per maturare, crescere e riflettere per vivere in sintonia con tutto ciò che legittima ed esprime quei valori che contano veramente e sono simbolo di preparazione e avviamento alla vita.

Educare al corretto uso della parola, feconda forza operante che apre all’uomo la più ampia via dell’integrazione e della responsabilità sociale, è il più alto compito della famiglia.

L’adolescente, spesso combattuto tra l’attaccamento ai genitori e il desiderio d’indipendenza, ha comunque bisogno di loro, di una vita pacifica, priva di squilibri, di contese che possono causare una  frattura interiore e rendere difficile la convivenza domestica.

La comunicazione ha il suo fulcro in quel dinamismo esistenziale che è il fattore decisivo di tutta l’educazione, è la guida verso la maturità, è la punta avanzata di una famiglia che vuole mettere qualcosa in comune e scambiarsi vicendevolmente un bene.

Questo livello di educazione è tra i più difficili da conseguirsi e la famiglia non può esimersi da questo compito se non vuole ritrovarsi emarginata e spiazzata nel suo importante ruolo formativo e comunicativo.

Fernando Mazzeo

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