I lettori ci scrivono

La crisi della scuola media e il modello tedesco

La Fondazione Agnelli ha messo il dito sulla piaga della scuola media che sarebbe in crisi per l’anzianità dei suoi professori e/o per la maggiore rotazione degli insegnanti rispetto alla scuola primaria. La crisi della scuola media è dovuta, secondo me, al fallimento della scuola media unificata. Con la riforma del 1969 da una parte si superava una scuola classista com’era quella divisa tra scuola dell’avviamento e scuola media. Ma dall’altra parte si mettevano insieme ragazzi che volevano studiare e continuare gli studi e ragazzi che non avevano voglia di studiare. Questo è stato il vulnus della scuola media unificata: con la crisi del modello patriarcale che comportava dure regole (l’allontanamento da tutte le scuole del regno) e le esuberanze della preadolescenza non più represse, a un certo punto i docenti- giovani o anziani che siano- non riescono a fare più lezione. Ecco i gap degli alunni alle scuole medie. Ecco la pura verità. 

Il problema non si risolve ringiovanendo il parco docenti che ben venga o  stabilizzando i docenti che pure è una buona cosa. Occorre introdurre il metodo tedesco nella scuola media: selezionare gli alunni in base ai loro interessi e creare dei percorsi ad hoc, distinguendo gli alunni che andranno ai licei e quindi all’università (che richiede una disciplina ferrea come insegnava Gramsci) dagli alunni che hanno interessi più pratici e quindi frequenteranno i tecnici e i professionali e vogliono introdursi subito nel mondo del lavoro. Ovviamente i tecnici e i professionali devono formare sui nuovi lavori richiesti dalla società tecnologica. La riforma che ha in mente il ministro Bianchi sui tecnici e professionali per ridare loro dignità, può andare in questa direzione.

E’ un nuovo classismo introdurre una scuola media alla tedesca? In Germania i passaggi da un corso all’altro non sono così rigidi e dipendono dal profitto scolastico. Non è  detto che uno che viene dai quartieri poveri, se studia, non possa andare ai licei. Ma voglio denunciare l’ipocrito ugualitarismo che è alla base dell’introduzione della scuola media unificata. Alle medie è raro che si bocci. La selezione si sposta alle superiori. Qui fioccano le bocciature e gli abbandoni, proprio perché non si è selezionato prima. E non si tratta di tornare alle bocciature alle medie che facevano indignare giustamente don Milani, ma di offrire percorsi di studio misurati agli interessi e talenti degli allievi. Un percorso professionalizzante non è  meno decoroso di un percorso liceale.

Come insegna Gardner, le intelligenze sono diverse e c’è chi propende per la studio della teoria e chi per lo studio della pratica. Chi segue quest’ultimo studio non è meno intelligente del teorico ma ha un’intelligenza pratica che pure serve alla società. Invece lo si costringe attualmente a studiare teoria che per lui è noia mortale. Dal disinteresse si passa quindi al disturbo, impedendo ai docenti di fare lezione. Il mancato orientamento alle medie verso percorsi scolastici specifici comporta basse competenze e alta dispersione scolastica. Infatti nei primi anni delle superiori si fa una vera e propria selezione classista. Non si tratta di abolire pertanto la scuola media tout court, ma di riformarla nel senso che si è detto. Innalzare l’obbligo a 18 anni in queste condizioni, senza mettere mano a questa riforma essenziale, non farà altro che aumentare il tasso di dispersione scolastica, già di per sé abbastanza alto in Italia.

Eugenio Tipaldi

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