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La crisi non è uguale per tutti: in Francia il neo presidente Hollande annuncia 60mila nuovi posti nella scuola

Se è vero che la crisi finanziaria non risparmia nessun paese, è altrettanto vero che non tutti i governi intendono sacrificare la scuola per risollevare le finanze dello Stato. In Francia, ad esempio, il neo presidente, François Hollande, ha di recente confermato che farà fede ad uno dei “cavalli di battaglia” della sua campagna elettorale: Hollande ha in sintesi detto – durante il discorso in cui ha reso omaggio all’ex ministro della Pubblica Istruzione, Jules Ferry – che sicuramente verranno creati “60.000 posti di lavoro nell’educazione”.
E questo significa che la Francia investirà nell’istruzione. O che, comunque, continuerà ad investire sul personale, incrementando le unità che vi operano. E in Italia? In tre anni per una precisa scelta presa dall’ultimo governo Berlusconi, è cosa nota, si sono volatilizzati oltre 100.000 posti. E l’ultimo governo Prodi non aveva calcato la mano, ma comunque pur sempre previsto riduzioni di posti.
Il problema degli investimenti italiani sul fronte scuola, tra l’altro, non riguarda solo gli organici nazionali. Di recente la Uil Scuola ha ricordato, in una lettera inviata la ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo che “l’Italia si colloca agli ultimi posti trai paesi sviluppati, spende il 4,8% del PIL per l’istruzione, 1,3 punti percentuali in meno rispetto alla media OCSE del 6,1%. Anche gli investimenti privati nell’istruzione sono piuttosto limitati. L’8,6% della spesa totale destinata agli istituti d’istruzione in Italia proviene da fonti private, quasi la metà della media OCSE (16,5%)”.

Se a questo aggiungiamo quello che sta accadendo in paesi a noi vicini, come la Francia, per i nostri lettori non sarà troppo complicato tirare delle amarissime conclusioni.

Alessandro Giuliani

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