Possedere diploma di laurea accresce ancora notevolmente le possibilità di trovare un lavoro rispetto a chi ne è sprovvisto: la percentuale di laureati che trovano un occupazione rimane complessivamente del 10% superiore a quella dei diplomati e il loro reddito supera del 65% quello di chi si ferma alla maturità. Tuttavia il periodo di crisi generalizzata non risparmia nemmeno chi ha investito sugli studi universitari: negli ultimi sette anni quelli che hanno avuto la fortuna o l’abilità di trovarsi un’occupazione, ad un anno dal conseguimento del titolo, si sono assottigliati del 6% (dal 57,5% del 2001 al 51,4% del 2008).
Sono dati indicativi, in parte sorprendenti, quelli inclusi nell’XI RapportoAlmalaurea, il Consorzio universitario composto da 52 atenei italiani, sulla condizione occupazionale dei laureati, presentati il 10 marzo a Roma presso la sede della Crui. In linea con le indicazioni degli ultimi giorni è sicuramente l’incremento del 3% del tasso di disoccupazione dei laureati fatto registrare nell’ultimo anno. Con alte possibilità che nel prossimo futuro la percentuale salga ulteriormente. Significativo, anche, che i laureati in indirizzi “nobili” come ingegneria ed economia siano coinvolti nella crisi di occupazione.
Ma l’XI rapporto Almalaurea, la cui versione completa verrà presentata a Bari il 12 marzo, durante il convegno “Occupazione e occupabilità dei laureati. A dieci anni dalla Dichiarazione di Bologna”, ha fatto registrare anche indicazioni inattese. La prima è il giudizio decisamente positivo del “3+2”: rispetto a coloro che hanno frequentato l’ordinamento tradizionale, l’età media dei laureati specialistici si riduce infatti da 28 a 26 anni. Aumenta poi la lo votazione media finale, il numero di studenti che frequentano le lezioni (l’80% ha preso parte ad oltre il 75% dei corsi proposti, contro il 54% del passato) ed del 35% il numero dei laureati (da circa 55.000 nel 2001 a 74.000 nel 2007).
Non del tutto atteso è inoltre il dato che i laureati migliorano la loro condizione contrattuale con il passare degli anni: se ad un anno dal conseguimento del titolo gli atipici rappresentano il 46% degli occupati, dopo cinque anni questo dato si riduce al 26,8%. Nello stesso periodo aumentano invece i contratti di tipo stabile (dal 41,2% al 70,2%).
In parte sorprendente anche il dato occupazionale di coloro che “lasciano” l’università dopo il conseguimento della cosiddetta mini-laurea (solo tre anni): il 69% trova occupazione entro un anno dal suo conseguimento. Anche se poi quasi la metà risulta precario.
Sconfortante poi la tendenza al ribasso degli stipendi riservati ai laureati: se nel 2005 la busta paga media netta era di 1.428 euro, nel 2008 è crollata a 1.343 euro con una perdita del potere d’acquisto pari al 6%. Con differenze abbastanza importanti, però, tra il Nord (1.392 euro) e il Sud (in media appena 1.118 euro).
Per Almalaurea è allora fondamentale “favorire l’accesso delle imprese, incluse quelle piccole e medie, alle risorse umane più giovani e di qualità formatesi all’università”. Solo in questo modo sarà possibile “assicurare alle nuove generazioni, quelle più capaci e preparate, un futuro lavorativo incoraggiante nel proprio paese”.
Indubbiamente le indicazioni che arrivano sono tutt’altro che rassicuranti. “Ciò che deve essere scongiurato –ha concluso Andrea Cammelli, direttore del Consorziouniversitario – è che una preziosa e qualificata risorsa rischi di essere schiacciata fra un sistema produttivo che non assume e un mondo della ricerca priva di mezzi”.