Categorie: Disabilità

La cultura ai tempi di whatsapp e la “nomophobia”

Come sono cambiate le nostre vite da quando computer e telefonini sono diventati oggetti centrali e irrinunciabili? È l’interrogativo che Vita.it si pone di fronte alla diffusione di tali mezzi che si sono integrati nelle abitudini socialmente predominanti, estendendosi a tutte le fasce della popolazione in un modo così rapido che risulta complesso già fin da ora prevederne gli effetti futuri.
In un breve lasso di tempo, infatti, l’avvento degli smartphone ha incrementato l’ uso d’ innumerevoli dispositivi con relative funzioni, fino a travalicare il confine netto che separa il passatempo dalla dipendenza: basta pensare al tempo che ciascuno di noi impiega su piccole e grandi piattaforme di social network.
Le ultime ricerche, scrive Vita.it, affermano che, indipendentemente dai vantaggi prodotti, trascorrere troppo tempo a contatto con il proprio telefono può portare ansia e paura, piccole e grandi alterazioni dell’umore che vengono indicate con il termine di nomophobia (abbreviazione della frase non-mobile-phone fobia).
Sebbene apparentemente inappropriato, la denominazione “fobia” descrive al meglio la sofferenza transitoria legata al non avere il telefono cellulare a portata di mano e alla paura di perderlo.
Una delle caratteristiche della nomofobia è proprio quella sensazione di panico che coglie all’idea di non essere rintracciabili. Si accompagna a questo la necessità di un costante aggiornamento sulle informazioni condivise dagli altri e la consultazione del telefono in ogni momento e in ogni luogo, anche quelli più intimi come il bagno, la camera da letto o lo spazio di una seduta in terapia.

Il controllo eccessivo sull’oggetto telefono porterebbe così ad instabilità dell’ umore, aggressività e, non ultima, difficoltà nella concentrazione, con maggiore vulnerabilità per i giovani.
Inoltre, spiega Vita.it, fra le dipendenze comportamentali è stato richiesto l’inserimento dell’Internet Addiction Disorder (IAD), condizione caratterizzata da un forte desiderio di connettersi al Web, con un tempo trascorso on line tale da compromettere la propria vita reale.

Pasquale Almirante

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