Si proclama il merito, si esalta l’innovazione, si auspicano miglioramenti e nello stesso tempo si decide che “nulla dovrà cambiare”.
La motivazione della sentenza che il decreto di autorizzazione della sperimentazione è bloccato perché manca il parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, organo abolito dal 2013, è indicativa sul come la burocrazia delle formalità prevale, quando conviene, sull’efficienza e sulla qualità dei servizi.
Il CNP è stato sostituito dal Cspi che però deve ancora essere eletto, quindi la scuola è condannata all’immobilismo.
Il Ministero ha, infatti, risposto che «In attesa della ricostituzione dell’organo collegiale nazionale, il parere non è dovuto».
I giudici amministrativi hanno ritenuto inoltre che la differenziazione del percorso scolastico in quattro anni, costituisse una disparità di trattamento nei confronti degli altri studenti che conseguito il diploma dopo cinque anni di scuola superiore.
Questa preoccupazione non corrisponde e contrasta i principi della sperimentazione che ha come destinatari soltanto alcune scuole ed un gruppo di studenti, che aderiscono alla sperimentazione, formalizzando una specifica opzione, così come ha affermato la preside Nadia Cattaneo dell’Istituto tecnico economico Enrico Tosi di Busto Arsizio. “Si tratta di percorsi sperimentali, che si diversificano da quelli ordinari e pertanto non c’è disparità di trattamento».
Avendo seguito le diverse sperimentazioni , tempo prolungato, seconda lingua, progetto Brocca, ci si rende conto che la scuola da ciò ne ha ricevuto soltanto vantaggi e nel tempo anche incremento di personale.
Leggere in maniera riduttiva e parziale il progetto del Liceo dei quattro anni unicamente come riduzione di posti e risparmio della spesa pubblica, è una visione mortificante delle intenzionalità educative che tendono a valorizzare il merito.
Appaiono inoltre indicative le dichiarazioni contrastanti del segretario della FLC Mimmo Pantaleo che afferma: “L’obiettivo vero è ridurre un anno i percorsi di studio per tagliare organici e risorse alle scuole”, e la risposta testimoniale del preside del liceo internazionale San Carlo di Milano, don Aldo Geranzani, il quale ha guidato e attuato nel concreto il progetto: «Il timore dei sindacati è la diminuzione dei posti di lavoro ma non è così. Da noi c’è stata una riorganizzazione ma abbiamo confermato lo stesso numero di posti. Con una didattica nuova si liberano risorse per lavorare meglio».
E’ chiaro che il Progetto che occorrerebbe una modifica generale dell’impianto del curricolo e una rinnovata metodologia didattica, ma se non si sperimenta e non si verificano i passaggi, tutto ciò non si avvererà mai e quindi … si rimane immobili, consapevoli che “Non progredi, regredi est”.
“Liberare risorse e lavorare meglio” è una formula che forse non corrisponde alle indicazioni del sindacato , ma dovrebbe essere, invece , la carta vincente per il progresso e lo sviluppo della scuola.
Nel progetto elaborato per il Liceo Don Bosco di Catania, (presentato e in attesa di autorizzazione) si era, infatti, ipotizzata una classe di alunni motivati con solide basi d’istruzione e quindi pronti a saper gestire il programma contratto dei cinque anni di liceo, che diventava “speciale” e “di eccellenza”. in quanto venivano consolidate le basi di cultura umanistica: latino e greco e si potenziava la matematica con i programmi del liceo scientifico e lo studio delle lingue nella direzione di una competenza linguistica-comunicativa e non soltanto “scolastica”.
In effetti, si ponevano le basi per un liceo unitario, capace di favorire e sostenere uno studio universitario ben fondato su solide competenze e conoscenze.
Ridurre di un anno il percorso scolastico e consentire agli studenti di conseguire la laurea nei tempi dovuti, è certamente un investimento sociale e culturale, in risposta alla miriade di studenti fuori corso che allungano gli anni di parcheggio all’università. Questo è certamente un positivo risparmio ed in questa logica il percorso dovrebbe essere agevolato, anziché ostacolato.