A Favignana, nelle Egadi, 4mila abitanti, gli insegnanti non ci vogliono venire: troppo isola-ta e col tempo lentamente ha perso pure parte dei suoi residenti, cosicchè oggi c’è solo una sola sezione e a Marettimo solo una piccola classe della scuola dell’infanzia, tre alunni alle elementari e due ragazzi alle medie.
Una prof racconta il graduale declino dell’isola a Linkiesta, compreso quello, altrettanto drammatico, della scuola: “Nel 2003-2004 Marettimo stava davvero scomparendo e dunque le scuole decidono di unirsi per cercare soluzioni che “salvino” l’isola.
Così si è creato un consorzio che ha trovato la soluzione possibile, per salvare l’istruzione, nelle tecnologie. “Le università iniziavano a diventare telematiche e anche la formazione degli impiegati avveniva ormai a distanza. Decidiamo di sviluppare per la realtà di Marettimo qualcosa di mai fatto prima in Italia, un progetto rivolto ai preadolescenti».
E nel 2004-2005 si acquistano attrezzature all’avanguardia, con l’obiettivo di creare un ambiente virtuale in grado di collegare i ragazzi di Marettimo con il resto del Paese. Il progetto prende il nome di “Marinando” e si avvia una collaborazione con alcune classi toscane, non solo per fare lezione in videoconferenza, ma lavorando con lavagne interattive condivise.
« Un’esperienza davvero avanzata in quel momento», racconta la docente, che contribuisce a far sentire i ragazzi meno soli, ma anche a riempire un vuoto di organico non indifferente.
Infatti Marettimo “alle classi viene garantito l’insegnante di italiano e matematica, mentre per le altre discipline si seguono le lezioni di docenti in altre parti d’Italia e gli studenti hanno la possibilità di fruire di contenuti cui altrimenti non avrebbero avuto alcun accesso.
E in seguito, si legge sempre su Linkiesta, attraverso vari progetti gli studenti riescono a raggiungere anche altre istituzioni culturali e col tempo, la scuola si riempie di tecnologie innovative, sistemi di videoconferenza, tablet, stampanti 3D. «Noi abbiamo sfruttato tutti i bandi possibili”, mentre si è pure riusciti a rinnovare anche la biblioteca scolastica e digitalizzarla.
Ma si fa pure jazz a distanza e incontri virtuali con esperti per affrontare temi come la genitorialità, cosicchè questa esperienza isolana, nata dalla evidente difficolta dell’assenza di docenti, si è trasformata nella consapevolezza di dare vita ad una programmazione che non sia semplicemente sostitutiva della didattica tradizionale, ma la integri in modi innovativi e stimolanti con quella a distanza.
«Il digitale ha un potenziale enorme ma non può sopperire alla presenza fisica dello studente e del docente. Chi pensa di sostituire l’insegnante con un video, piazzando i ragazzi davanti ad uno schermo per ore, non ha capito niente. E nemmeno i docenti devono aspettarsi l’effetto wow.
La tecnologia velocizza i processi, ma non l’apprendimento, che quando è reale è verticale e scende in profondità. Ma tutto ciò che è profondo richiede tempo e ha bisogno di trovare strade personali. Nella didattica le tecnologie devono servire per restituire creatività ai ragazzi, per utilizzarle in modo inaspettato».
In altri termini, pur avendo trattenuto in casa migliaia di studenti, a Favignana il coronavirus non ha colto la scuola completamente impreparata e se l’isola è l’esempio perfetto di come, negli anni, si sia potuto fare di necessità virtù, la partita sul futuro della scuola è ancora evidentemente tutta da giocare.
«Certo che ci sono dei limiti, ma bisogna anche rendersi conto che è necessario drizzare la schiena. Se ci diamo tutti una mano si possono attivare energie straordinarie».
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