La DaD può essere considerata un esempio di resilienza a scuola? Che significa essere un insegnante resiliente? Cosa è esattamente la resilienza, una qualità che si possiede o che non si possiede? Oppure un atteggiamento e un approccio su cui lavorare per meglio affrontare le difficoltà?
Quanto la resilienza dipende dalle condizioni individuali? Quanto si può coltivare? Quanto dipende da un ambiente favorevole? Quanto può essere “insegnata” agli studenti? (VAI AL CORSO)
Il termine resilienza deriva dall’ambito fisico e fa riferimento alla capacità di certi materiali di assorbire un urto senza rompersi. Piegarsi senza spezzarsi. Due forme verbali riflessive che si prestano a essere metafora di un concetto molto meno fisico e più cognitivo, emotivo, psicologico. La psicologia fa proprio questo termine riferendolo a quelle situazioni drammatiche o traumatiche rispetto alle quali una persona riesce a restare in piedi, magari meno retta del solito, ma in piedi, nonostante il dolore e le difficoltà emotive. Piegata ma non spezzata.
Ultimamente il termine è entrato a fare parte della nostra quotidianità anche rispetto alla situazione sanitaria del nostro Paese, dato che non c’è conferenza stampa della Protezione civile o del Ministero della Salute in cui non si parli della resilienza dei nostri territori, indice che valuta parecchi fattori, in particolare il numero dei posti letto in medicina ordinaria e in terapia intensiva, a monitorare che il sistema sanitario, sotto pressione, reagisca adeguandosi alla situazione, a dispetto delle molte criticità, senza crollare. Resiliente, infatti, è quell’ospedale che riesce a convertire i posti letto di medicina ordinaria in reparti Covid, come abbiamo imparato a capire.
Tutti gli ambiti professionali sono investiti da fasi di stress per le quali diventa fondamentale lavorare sulla resilienza, smussare gli angoli e adattarsi alle circostanze e all’ambiente riducendo al minimo le conseguenze negative. In sintesi, la persona resiliente è colei che sa riorganizzare la propria vita, senza alienare la propria identità. Cambiare sì, ma senza stravolgersi. La psicanalisi opera molto su questo fronte, ma la resilienza si presta ad essere adottata in qualunque campo.
Ora, l’esempio del sistema sanitario messo sotto pressione dal Covid non è casuale, perché l’emergenza epidemiologica ha avuto effetti non solo sugli ospedali. La scuola non è stata esente dal vento dell’ansia, della preoccupazione, dello stress; e ha dovuto riorganizzarsi da zero, dagli arredi alla didattica.
La didattica a distanza è un ottimo esempio di resilienza nel mondo della scuola. Laddove le aule fisiche hanno dovuto chiudere le porte per evitare il contagio, le aule virtuali si sono moltiplicate giorno dopo giorno, adeguando le tecnologie, le reti informatiche, le metodologie di lavoro, gli approcci con gli alunni, le abitudini quotidiane, al punto che la didattica a distanza, probabilmente, potrà essere usata anche domani, alla fine della pandemia, quando nuove esigenze, speriamo meno drammatiche, richiederanno una video-lezione alla quale un tempo non eravamo preparati. Insomma resilienza significa trasformare un punto di debolezza in un punto di forza, una criticità in un vantaggio. La scuola ha saputo fare tutto questo, mostrando una grande resilienza. Gli insegnanti, anche i più anziani, magari con l’aiuto di un docente più giovane o di un figlio, hanno messo completamente in discussione il proprio modo di fare didattica e hanno preso in mano un tablet o un pc, per conntettersi con i propri alunni e fare sentire loro che la scuola non molla. La scuola c’è. Anche e soprattutto nelle difficoltà. Mai il legame tra alunno e docente era stato così forte come lo è adesso.
In sintesi, lavorare sulla resilienza è un obiettivo che anche l’insegnante deve e può porsi, perché sulla resilienza si può lavorare. Ci sono atteggiamenti mentali che la favoriscono e atteggiamenti mentali che le fanno da ostacolo; qualità che rendono le persone meno vulnerabili allo stress e un pensiero negativo che invece spinge ad annegare nello stress.
Quali fattori da nutrire, dunque, per favorire la resilienza? L’autostima, la volontà, la positività, la fiducia. Elementi da coltivare anche in classe, come qualità personali del docente e come atteggiamenti da indurre anche tra gli alunni.
Per saperne di più vi segnaliamo il corso Insegnante resiliente, come affrontare al meglio le sfide della professione, della formatrice Claudia Matini, in programma dal 15 dicembre.
Il corso propone una riflessione guidata sulla resilienza e sui suoi meccanismi protettivi, attraverso le numerose informazioni fornite dalla formatrice, ma soprattutto con un percorso interattivo con molte esercitazioni individuali per cominciare a trovare risposte e soluzioni applicabili al proprio contesto lavorativo e personale.
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