Non sono un milione e mezzo, ma “solamente” 600 mila gli alunni che nel corso del lockdown della primavera del 2020, causa Covid, non hanno partecipato alla didattica a distanza. Lo dice l’Istat nel rapporto annuale sulla situazione del Paese nella parte dedicata a ‘pandemia e partecipazione scolastica’. Secondo l’Istituto di statistica “tra aprile e giugno 2020, l’8% degli iscritti (600mila studenti) delle scuole primarie e secondarie non ha partecipato alle video lezioni, con un minimo di esclusi al Centro (5%) e un massimo nel Mezzogiorno (9%). Più alta la quota di esclusi nella scuola primaria (12%), più bassa nella secondaria di primo (5%) e secondo grado (6%)”.
Il gap rispetto al dato iniziale sarebbe motivato dalla messa a disposizione dei device da parte delle scuole: “circa 430mila ragazzi, pari al 6% degli studenti, hanno fatto richiesta di dispositivi informatici tra aprile e giugno 2020, con punte in Basilicata e in Calabria (rispettivamente 15% e 11%)”, ha sottolineato l’Istat.
Di contro, risulta assai basso il numero degli alunni che hanno potuto fare lezione tutti i giorni da casa.
“Tra marzo e giugno 2020 – scrive l’istituto di statistica – solo 1,7 milioni bambini e ragazzi di 6-14 anni (33,7%) hanno fatto lezione tutti i giorni e con tutti gli insegnanti; si arriva a 2 milioni 630mila (circa il 52%) se si includono quelli che hanno dichiarato lezioni con la maggioranza dei docenti”.
Solamente il 20% degli alunni, quindi, ha avuto la possibilità di collegarsi tutti i giorni con i propri insegnanti.
In generale, l’Istat ha rilevato che il lockdown ha “ridotto il rendimento per uno studente su quattro mentre si riscontrano fenomeni di irritabilità o nervosismo in quasi un bambino su tre, e casi di disturbi alimentari, del sonno e di paura del contagio in uno su dieci”.
Un altro dato su cui riflettere è quello degli “alunni con disabilità che non hanno partecipato alle video lezioni”, che secondo le stime dell’Istat “raggiungono il 23,3% (29% nel Mezzogiorno); la quota di non partecipazione è più elevata nelle scuole primarie (quasi il 26%) e minore per le secondarie di secondo grado”.
L’Istat ha ancora fornito delle interpretazioni sulle conseguenze dovute al ricorso obbligato alla didattica a distanza: dopo avere premesso che la DaD è stata adottata “in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, poi con differenze regionali e con modalità più protratte nelle scuole superiori”, gli statistici hanno rilevato che le innovazioni forzate “sulla qualità del percorso formativo degli studenti” rischiano di avere un impatto “negativo sia nel breve sia nel medio-lungo periodo, in assenza di politiche mirate al recupero della mancata formazione”.
“Non sono da escluderne analoghi effetti anche sullo sviluppo emotivo e comportamentale, in particolare dei più piccoli”, conclude l’istituto nazionale.
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