Se il Presidente della Regione Puglia ha effettivamente affermato che “è inconcepibile l’obbligo di frequenza in pandemia” e che “la didattica in presenza è pericolosa”, delegando però a studenti e famiglie la decisione in tal senso, noi docenti ci chiediamo quanto valgano per la politica le nostre vite, la nostra salute e quella dei nostri cari.
Sarebbe il caso che il Governatore facesse una passeggiata per le città agli orari di entrata e di uscita delle scolaresche per vedere con i propri occhi quanto i ragazzi rispettino le norme più elementari di prevenzione. Se indossino la mascherina, se mantengano le distanze minime, se non formino delle piramidi umane in prossimità di bar, parcheggi e accessi al plesso scolastico come anche all’interno delle scuole.
Cinque ore all’interno di una classe di venti ragazzi che – per quanto si raccomandi loro di rispettare le regole – rimangono addossati l’uno all’altro, abbassano in continuazione la mascherina ‘perché non respirano bene’, esigono le finestre chiuse poiché (effettivamente) fa freddo. Tutto ciò con parte (cospicua) della classe in presenza e altrettanta in un collegamento che a scuola salta in continuazione.
E la didattica? Non interessa alle famiglie, il cui unico scopo è togliersi dai piedi i propri figli. Men che meno alla politica, il cui scopo è non alienarsi il voto di suddette famiglie.
Una famiglia tuttavia (che paga le scelte di certe decisioni politiche) ce l’abbiamo anche noi docenti, trasformati in baby sitter, parcheggiatori, psicologi, badanti, elettricisti (con tutto il materiale utile alla connessione che dobbiamo portarci dietro), categoria considerata indegna di qualunque forma di tutela e rispetto.
Buon “lavoro” dunque a chi decide per noi, perché il nostro, di lavoro, sta miseramente naufragando.
Giovanna Lezzi
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