La DaD comporta un “carico importante per i genitori, in virtù del ruolo improprio assunto in qualità di insegnanti del proprio figlio con riverberi difficili sulla loro relazione”. Così Maddalena Cialdella, psicoterapeuta e presidente dell’associazione Aires, Onlus che si occupa di prevenzione e trattamento del disagio in età evolutiva, affidi e relazioni familiari, adolescenti, abusi e femminicidi.
Una considerazione a commento della tendenza, in molte regioni, a responsabilizzare i genitori al punto da permettere loro di scegliere tra didattica in presenza e didattica a distanza. Un’opzione nata nella Puglia del Governatore Emiliano ma presto diffusa anche altrove, in Campania, ad esempio, e in Calabria. Insomma, al Sud sono i genitori scegliere la modalità di scuola dei propri figli. Una questione delicata su cui di recente si sono espressi anche esperti di diritto e di pedagogia. Il parere della psicoterapeuta si aggiunge ai loro.
E’ chiaro che la didattica a distanza garantita su richiesta a tutti “pone a confronto diverse istanze,” spiega Maddalena Cialdella, “da un lato, il diritto alla salute e all’istruzione e dall’altra la salvaguardia della salute psicologica. Insomma, sembra ormai accertato che la Dad sta rendendo evidenti alcune criticità.”
Tra queste, le difficoltà relazionali tra genitori e figli, che vengono accentuate da quel modo di porsi del genitore come insegnante improprio del figlio. Ma non solo: “Il calo di attenzione in Dad è ad esempio maggiore che non in presenza – spiega la psicoterapeuta – e dunque l’apprendimento ne risente. Manca poi lo scambio interpersonale e l’interazione ovvero il contesto all’interno del quale i ragazzi possono nutrirsi della socialità, ingrediente essenziale per lo sviluppo emotivo e psicologico.”
Infine, ma altrettanto importante, è la questione dell’umore tendenzialmente deflesso di chi, in DaD, resta all’interno della propria stanza per periodi lunghi, con l’effetto di credersi rassicurato mentre, di fatto, sentimenti quali paura, disagio, incertezza diventano prevalenti nel ragazzo, fino alla cosiddetta Sindrome della capanna, che in lockdown ha raggiunto livelli importanti, alle volte patologici. Infatti, più questo disagio psicologico tende a cronicizzarsi, e maggiore è la probabilità che lasci il segno.
“Senza contare – conclude la psicoterapeuta – che altrettanto complessa è la tenuta del rapporto insegnante-alunno privato di quella gestione privilegiata nel qui ed ora“.
Tutte argomentazioni che, pare, facciano della psicoterapeuta del gruppo Aires, una sostenitrice della scuola in presenza. La DaD sì, se serve e non se ne può fare a meno, ma con cautela.
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