Il referendum vorrebbe introdurre delle modifiche nella Costituzione basate sul principio che nessuno possa guadagnare in un mese più di quanto in un anno guadagnano i dipendenti meno pagati nello stesso ente o stessa azienda, sia pubblica che privata.
Contemporaneamente l’Italia risulta, sulla base del rapporto OCSE, Government ad Glance, tra i Paesi in cui è più alto il differenziale tra stipendi dei dirigenti pubblici e dei loro dipendenti, nonché una Paese dove i 100 top manager guadagnano nel 2012 oltre 400 milioni di euro (50 in più del 2012). Eppure, secondo altre statistiche e indagini, se i lavoratori percepiscono equità nella distribuzione delle risorse disponibili, si coinvolgono maggiormente, lavorano meglio, stanno meglio e l’impresa va meglio.
Si tratta dunque di un’élite rapace e opportunista, che vive su trame di rapporti inconfessabili con la politica e conflitti di interessi e, d’altra parte, lavoratori sottopagati o lasciati a casa.
Si possono avere opinioni diverse sul referendum svizzero, ma i temi che pone non possono essere ignorati.
Si tratta di avere la consapevolezza che nella revisione dei principi su cui sono fondati la nostra economia e la nostra società, vi è anche la necessità di un nuovo patto tra lavoratori e imprese, fondato su basi molto diverse da quelle che chiamano alla condivisione ed alla corresponsabilità quando vi sono da fare fatiche e rinunce e dimenticano fin troppo platealmente ogni comunanza di destini quando vi è da condividere la ricchezza.