Ieri la deputata democratica Anna Giacobbe ha voluto regalare ai Quota 96 Scuola un lungo post in cui, riannodando le fila del dibattito intorno al loro caso, non ha fatto mancare al loro indirizzo la sua generosa e calda partecipazione, non nascondendo però, d’altro canto, una certa sentenziosità moraleggiante. Il ringraziamento dovuto all’onesta parlamentare non può impedire al cronista, che è anche docente, il confronto aperto e democratico sul tema, confronto che deve basarsi sull’esercizio del dialogo condotto in modo proficuo anche là dove può intervenire il dissenso o la polemica.
La Giacobbe parla di questa vicenda, prima di tutto e pour cause, come di una vicenda “dolorosa”, nata da un “errore” della legge Fornero – non il solo, per la verità, a giudicare dagli effetti mascroscopici che ha avuto sugli esodati – e vista come una “manovra pesantissima”. Ci mancherebbe. E chi potrebbe darle torto?
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La deputata si premura poi, in un secondo momento, di rivolgere due “preghiere” ai lavoratori della scuola in questione: la prima con cui chiede a maturi ultrasessantenni di non far intuire nulla ai propri alunni delle motivazioni alla base della terribile “ingiustizia” perpetrata ai loro danni. E questo perché quegli stessi alunni potrebbero farsi una “cattiva opinione” dei loro educatori o, più latamente, degli “adulti”. Ci mancava anche questa, onorevole… Quindi la fiducia, l’affidabilità e la certezza del diritto non dovrebbero trapelare o dovrebbero comunque essere abilmente dissimulate alle nuove generazioni? Come a dire che bisogna contar frottole ai bambini pur di salvare capra e cavoli di una politica corrotta, mercenaria e spudorata di fronte alla legge?…
La seconda preghiera è quella con cui la Giacobbe chiede di non stare troppo a sottilizzare su chi abbia votato contro l’emendamento dei Quota 96 Scuola perché non servono a nulla a suo avviso, se si vogliono davvero risolvere le cose, né le liste di “proscrizione” né gli elenchi dei “bersagli”. Si tratta di cose “tristi” e “di triste memoria”. Ben detto. Altro che. Però un’ombra di doppiezza rimane sulle parole della parlamentare del Pd.
Viene quasi da chiedersi se la Giacobbe volesse intervenire fattivamente a tutela dei lavoratori in questione, con il presente comunicato, o se avesse in mente di servirsi strumentalmente del loro caso paradigmatico per avallare un futuro trattato di morale in onore alla deontologia del suo partito. Per mettere a tacere o per frenare, in altre parole, ogni loro giustissima istanza. Non ce ne voglia, onorevole. Là dove ci si sarebbe attesi, da parte di una parlamentare onesta come lei, un atto d’interlocuzione lucido e disincantato nei confronti di questi professionisti della formazione, ci si trova al cospetto di una rampogna fra le più inopportune, fra le più indelicate e fra le più ingenerose che siano.
Dopo questo ennesimo rappel à l’ordre, ossia dopo il richiamo a non giudicare se le “responsabilità” siano state commesse “per necessità o meno”, la deputata del Pd apre l’ultimo capitolo del suo comunicato con una domanda retorica sulla “speranza” di un’eventuale, futura risoluzione dell’annosa questione. E qui, a onor del vero, appare più schietta e, in qualche modo, più vicina a questo mini-popolo di educatori nati e cresciuti sul web. Prende atto che troppe volte sono stati elargiti impegni da parte della politica senza alcuna reale intenzione di sanare la stortura forneriana – impegni presi, chiarisce la Giacobbe, più a titolo personale che per volere dell’intero suo partito, diciamo pure forzando la mano e ai limiti del blitz in parlamento. E allora perché si diceva tempo fa che TUTTO il Pd stava con noi? Ribadisce infine la parlamentare, per indorare la pillola, che oggi ci sarebbe forse l’intenzione di salvare il salvabile, per bocca del viceministro Morando, “persona seria e prudente, per questo tanto più credibile”, con un prossimo intervento nell’ambito del progetto “La buona scuola”. Bene. Ne prendiamo atto. Grazie mille comunque nonostante la tardiva disponibilità.
Come si fa, però, a non pensare ai tanti ‘déjà vu’ cui abbiamo assistito in passato, dal milleproroghe del gennaio 2012 allo stralcio al Senato di agosto 2014? Ci viene detto che ci sarebbe una chance anche perché alcuni giudici hanno dato ragione a 42 di questi lavoratori. Ci voleva dunque la sentenza di Salerno per mettere in moto la dignità di un partito che ha voluto (e votato) quella pesante ignominia? Ci volevano i tribunali per rimproverare il menefreghismo piccino e impudicamente dimentico della politica?
Alla fine del comunicato, non senza aver precisato che non è nelle sue intenzioni fare alcuna “difesa d’ufficio” né alcuno “scarico di responsabilità”, la Giacobbe conclude andando a prescrivere ai Quota 96 Scuola un principio del pedagogista tedesco Bernard Bueb – “nessun insegnante è perduto se c’è un bambino che crede in lui” – tanto poco appropriato alla bisogna da far indignare il blog di Facebook.
Il principio, come si può desumere, ci ricorda che qualsiasi azione scolastica e formativa non può prescindere dalla sfera emotiva o relazionale. Ottimo e calzante, certo, come principio didattico. Ma cosa c’entra, incalziamo noi, con la questione del mancato pensionamento dei Quota 96 Scuola? O forse si voleva suggerire, tanto più subdolamente, che la missione dell’insegnante, centrata sulle regole e sulle modalità di esecuzione dell’azione didattica, lascia piena libertà per quanto riguarda contenuti e programmi? O si trattava invece di un ricatto (e di una strumentalizzazione) da usare inconsapevolmente contro i diritti di 4.000 pensionandi della scuola? Non ce ne voglia, ancora una volta, onorevole.
La forza di andare avanti, cara Giacobbe, questi professionisti la traggono da quella dignità che li ha sempre contraddistinti (e accompagnati) da quando hanno deciso di consacrare la loro vita all’insegnamento. Purtroppo, però, sono stati mal ripagati dallo stato. Molto mal ripagati. Di favole e di utopie abbonda la letteratura su di loro, costretti ormai come sono, come Sisifo, a sollevare un macigno sempre più pesante dalla valle per riportarlo su in cima. Il fatto è che loro non hanno infranto nessuna regola, come l’eroe leggendario contro gli dèi, né mai si sono macchiati di colpe contro la legge. Semmai è vero il contrario.
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Perché mai dunque tirarli per il bavero in quel modo come fossero alunni della scuola primaria? Si meritavano anche quest’ultima ramanzina? Lei è persona per bene e franca e forse ha agito in modo inconsapevole. Quello che bisognava fare, cara Giacobbe, invece di richiamare al proprio codice morale quei docenti artatamente privati del loro sacrosanto diritto a pensione, era di mettere sotto accusa il suo partito per essere stato tanto inerte, tanto freddo e tanto ostile dinanzi a questo gioco al massacro. Bisognava sfondare quel muro di gomma omertoso che la maggior parte dei deputati del suo partito non ha osato toccare o ha fatto solo finta di toccare. Questa è la verità e l’unica plausibile reazione di un parlamentare che creda nella sovranità del bene comune.
Perché mai, poi, la legge di stabilità non sarebbe stata la sede più idonea a sanare l’annoso problema? Non lo fu il milleproroghe di gennaio 2012 e non lo fu nemmeno l’occasione messa in atto dalla spending review. Né tantomeno fu giudicato opportuno dal suo presidente Renzi, dopo tanti altri provvedimenti utili,il decreto sulla Pubblica Amministrazione, quando una frangia di giornalisti, che non sono dipendenti pubblici, poté andar via con le vecchie regole grazie alla generosità di un governo cui lei più volte ha dato il voto.
Le cronache, come sappiamo, sono gremite di diritti negati e di lotteintraprese per rivendicarli. E tuttavia la storia dei Quota 96 Scuola, dopo ben tre anni di sublimi menzogne e di ingegnosi temporaggiamenti, prima con Monti, poi con Letta e infine con Renzi, ha davvero dell’incredibile e del mostruoso – perché solo in una repubblica delle banane come la nostra poteva consumarsi un’ingiustizia così atroce come quella da loro subita con tanto accanimento persecutorio, ovvero con tanta iniqua e ignominiosa discriminazione.
Come si possono ragionevolmente, onorevole Giacobbe, educare i giovani ad avere fiducia nelle istituzioni, o meglio nella prima istituzione che una persona incontra nella vita, quando nemmeno le sentenze dei tribunali sono sufficienti a garantire i diritti lesi dei loro insegnanti? E che giustizia è mai quella che si va applicando da qualche tempo a questa parte quando non si son volute prendere al momento opportuno, con l’alibi che trionfi sempre la ragion di stato, le misure adeguate per risolvere gli errori più sensazionali commessi contro il popolo che soffre mentre i privilegi, i favoritismi e le prebende impazzano?
Spiace che il suo comunicato, stilato in perfetta buona fede e a fin di bene, le sia tornato indietro come un boomerang. Ma la verità, cara Giacobbe, come diceva un certo filosofo, merita di essere detta. Sempre.
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