Ancora una volta è Ignazio La Russa, ora presidente del Senato, proporre il servizio militare, seppure volontario, ai giovani dai 16 ai 25 anni per un periodo di 40 giorni, affinché imparino cosa è l’amore per l’Italia e il senso civico. E propone “A fronte di questa partecipazione una serie di incentivi”: punti per la maturità, per la laurea o punteggio aggiuntivo per i concorsi pubblici.
E ha pure dichiarato: “Pensiamo sia una cosa utile e la proposta di legge dice proprio questo. Chiunque vuole può, limitatamente ai numeri che verranno fissati (ma che noi pensiamo molto ampi), partecipare alla vita militare, tra gli Alpini o negli altri corpi, per 40 giorni e ottenere così un addestramento”.
Tuttavia lo spirito dell’iniziativa resta, dice La Russa, “Naturalmente la vera volontà di aiutare la propria patria anche con un breve periodo. Se lo vogliono passare un periodo di 40 giorni a imparare cosa è l’amore per l’Italia e il senso civico avremo fatto un grande servizio al Paese”.
La destra ancora una volta si rifugia dentro le forze armate per esporre le sue idee, come questa secondo la quale l’amore di Patria e il senso civico si acquistano attraverso l’inquadramento dentro una divisa, dunque indossando una uniforme che “uniforma”, togliendo l’individualità, e l’irregimentarsi dentro regole precise che poi sono ordini ai quali non ci si può sottrarre.
Una similare idea, sempre La Russa e dunque sempre la destra, l’aveva fatta durante il suo mandato di ministro della difesa, nel 2010 e col Governo Berlusconi, istituendo “Allenati per la vita”, grazie pure alla collaborazione della ministra dell’istruzione Mariastella Gelmini.
In modo particolare il corso prevedeva una prima preparazione teorica in classe durante l’ora di “cittadinanza e costituzione” e poi la pratica sul campo, tramite la formazione di squadre che oltre a sfidarsi avrebbero dovuto seguire lezioni di arrampicata, nuoto, primo soccorso e pure tiro con l’arco e con la pistola, ma ad aria compressa per evitare incidenti.
Ma anche Matteo Salvini, discutendo coi giornalisti, ebbe a dire che un anno di servizio militare ai ragazzi dopo il diploma avrebbe fatto bene perché li avrebbe educati alla disciplina e al rispetto delle regole.
La destra insomma, che si straccia le vesti quando la famiglia non è formata da un maschio e una femmina, di fronte al militarismo è pronta a demandare allo Stato l’educazione della gioventù, scavalcando la famiglia.
Insomma se la famiglia, la scuola, le agenzie educative che puntano su una pedagogia fondata sul rispetto e il dialogo, non ci riescono, l’alternativa proposta dalla destra è quella della Naja, del servizio militare, seppure breve, agli ordini del maresciallo di turno o del caporale di giornata, i quali stabiliscono il destino della recluta, imponendo la loro educazione e la loro visione del mondo.
Una educazione militaresca, improntata all’ubbidienza e a raccogliere qualunque ordine solo perché deriva da un graduato. Né si capisce perché per servire la Patria occorra fare il militare, né tantomeno questa poetica secondo la quale a educare i giovani secondo certi principi di autoritarismo debba pensarci lo stato militaresco, come nell’Ottocento quando appunto mancavano le agenzie educative e formative, e uscire da casa per vedere il mondo e pure fornirsi di qualche conoscenza era una occasione fornita solo dall’esercito.
Ma c’è un’altra contraddizione in questa proposta, quella di elargire incentivi spendibili sia col voto di diploma e sia nel concorsi pubblici. Infatti il famoso “Merito”, quello inserito nel logo della Istruzione, subisce un capitombolo a danno di chi, invece di militarizzare per 40 giorni la propria vita, si impegna nello studio e nella ricerca, nel sacrifico sui libri, ma che si vede scavalcato nei punteggi da chi ha preferito infilarsi in una caserma, indossare una divisa, saltare il cerchio di fuoco, marciare sul campo di Marte, sparare ecc. ecc. E’ questo il merito che bisogna premiare?
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