“La Scuola Scuola” è un’iniziativa che coinvolge già più di 4mila tra scienziati, medici, docenti, educatori e genitori.
Secondo quanto riportano i promotori si chiede alle istituzioni che si “facciano carico da subito di un progetto che metta la scuola al centro del processo di riapertura progressiva delle attività, chiuse a seguito della pandemia di Covid-19”.
“Per questo – aggiungono – abbiamo fondato il Comitato #lascuolaascuola, che promuove un dialogo serio e costruttivo con le istituzioni, le associazioni, le parti sociali e i cittadini, e stimolare proposte concrete per contribuire alla salute di tutti”.
Alcuni dei promotori del Comitato sono tra i fondatori di #IoVaccino (www.iovaccino.it), community per la corretta informazione sulle vaccinazioni, per questo sappiamo bene come sia importante diffondere contenuti scientifici rigorosi per incidere sull’opinione pubblica e sulle scelte politiche.
La parola ad alcuni degli esperti del Comitato “La Scuola a Scuola”:
Stefano Zona, medico specialista in Malattie Infettive: “La ripartenza non può essere slegata dai dati epidemiologici che si stanno raccogliendo: non c’è logica nel far uscire di casa, dando loro la possibilità di assembrarsi nei mercati rionali, le persone più a rischio, mentre teniamo segregati i bambini che difficilmente si ammalano e, sembra, difficilmente diffondono il coronavirus. Cerchiamo di rimanere ancorati all’evidenza”.
Andrea Barbieri, psicologo: “La Didattica a Distanza non può rappresentare l’unica via di accesso a una scuola che si chiami “dell’obbligo”. L’obbligo scolastico è molto diverso dall’obbligo formativo, che è sì un dovere di ogni minore, ma anche un diritto. Don Milani diceva che “la scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde” e ne parlava come di “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Secondo quanto segnala il comitato, la DaD crea disparità:
– sulle età, perché i bambini del nido e della scuola dell’infanzia vengono abbandonati (o quasi);
– all’interno di ogni singola classe: insegna soprattutto o soltanto agli alunni che hanno (e danno) meno necessità e difficoltà. Gli altri diventano di colpo invisibili;
– tra scuole: alcune svolgono 3 ore di lezione in una settimana, altre 30, ma vengono considerate equivalenti.
La DaD potrà anche preservare il mero trasferimento di contenuti, ma sottrae ai docenti la possibilità di svolgere il loro ruolo educativo e formativo. Spariscono il coinvolgimento, lo stupore, la scoperta.
Non ci può essere pieno apprendimento in una didattica senza confronto (con gli altri e con la realtà), senza piena interazione e feedback immediati, senza quei “legami” che hanno formato ognuno di noi. Solo lavorando insieme possiamo capire cosa sbagliamo, cosa fanno giusto gli altri. E non soltanto “cosa”: soprattutto “come”.
Riccardo Castagnetti, docente di sostegno: “La Didattica a Distanza non può essere la soluzione per il prossimo anno scolastico. Perché, per sua stessa natura, la DaD non può essere inclusiva in quanto manca dell’aspetto fondamentale della relazione in presenza, relazione che nutre lo sviluppo individuale e sociale di bambini e adolescenti. Inoltre perché non coinvolge intere fasce (i bambini da 0 a 6 anni, e molto spesso fino agli 11 anni); non può essere applicata a bambini e ragazzi con disabilità fisica e psichica, di cui ora nessuno parla. È il momento di un vero investimento economico e politico a favore della scuola”.
Rachele Cocchi, mamma di due bambini: “La ripartenza è necessaria. I bambini soffrono per l’impossibilità di frequentare la scuola e i coetanei. I genitori si sentono divisi fra le necessità di sostenere i figli nella didattica e di continuare a lavorare.
Non si può ripartire a caso, perché, come genitore, la mia priorità è la sicurezza. Ma non si può pensare di non ripartire, perché più si va avanti più diventerà insostenibile per le famiglie e per i bimbi rimanere in questo immobilismo”.
La scuola scuola (link alla pagina Facebook)
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