I lettori ci scrivono

“La didattica a distanza non ci serve”: lettera di uno studente alla ministra Azzolina

Mi chiamo Mattia Pio Gammetta, ho 17 anni e frequento il 4ºanno del Liceo Scientifico F. Bruno di Corigliano-Rossano. Sono uno degli 8,4 milioni di studenti italiani. Appartengo a quella categoria che non ha voce, che non viene presa in considerazione, che deve solo rispondere ad Ordinanze e decreti Scolastici.

Nessuno, a parte qualche sondaggio online di cui ringrazio vivamente, ha chiesto come si sentono gli studenti né cosa provino in questo periodo di didattica a distanza.

Vuole sapere la verità? Lei dice che la didattica a distanza  giovi al nostro percorso didattico. Non è assolutamente così. Cara Ministra, gli studenti sono  esausti, si trovano intrappolati nel tempo con una miriade di concetti da assorbire. Studenti come me che hanno sempre amato la scuola in tutte le sue sfaccettature, hanno sempre dimostrato impegno e soprattutto non si sono mai fatti abbattere dagli ostacoli. E adesso? Per la DAD si trovano fuori equilibrio. Il solo pensiero di collegarmi è diventata un’impresa ardua:  accendo il computer, i miei docenti spiegano e li devo anche ringraziare perché stanno facendo tanto; la Wi-Fi  si inceppa perché, cara Ministra, chi vive in una casa dove è più di un figlio a collegarsi, ha videolezioni alla stessa ora.
Cosa pensano gli studenti? Pensano che la scuola non possa essere sostituita da un tablet, un computer o uno smartphone, assolutamente no.

La scuola deve essere vissuta. Ovviamente, in questa situazione di pandemia, il collegamento deve essere attuato per forza, ma non dica che la DAD sta dando buoni risultati. Non é così; studenti che sono sempre andati bene si trovano in crisi. Non dica che il mio  è vittimismo. E’ la realtà dei fatti. Nessuno ci chiede cosa pensiamo davvero, quali siano i risultati e se davvero la DAD si dimostri positiva agli occhi degli studenti.

Non é così cara Ministra, in più sento dire che a settembre metà della classe sarà presente in aula mentre l’altra metà sarà collegata da casa. Sembra qualcosa di surreale. Non é la scuola l’agenzia educativa che offre le stesse risorse agli allievi? Non sono forse gli autori, i letterati, i filosofi che  studiamo, uomini con la U maiuscola, ad insegnarci ad essere liberi e soprattutto responsabili nella civiltà ed educati al pensiero critico?

Questa DAD nuoce, non solo a me, ma a tanti  ragazzi che hanno bisogno del confronto con i docenti, delle spiegazioni, dei rimproveri. Si, abbiamo bisogno anche dei rimproveri da parte dei nostri docenti. Siamo alunni, non numeri. Si discute  sempre di come educare gli alunni, di come comportarsi, ma nessuno chiede come stiamo vivendo la scuola.

La scuola ai tempi del coronavirus, una scuola che non può definirsi tale. Sicuramente è difficile prendere la situazione in mano, ma ciò è diventato abbastanza pesante: non abbiamo più spazi liberi .Non incolpo i miei docenti, di cui ho una nutrita stima, non incolpo nemmeno Lei, ma vorrei dirLe che questa non può chiamarsi scuola. La mia, di certo, non è “ la scoperta dell’acqua calda”. Tutto ciò non giova ai nostri animi. Non era Plutarco colui che affermava che i “giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accedere”? In questo momento le nostre fiaccole non fanno più luce. Non era Kant ad affermare che “l’uomo deve uscire dallo stato di minorità per servirsi della propria intelligenza”? Mi sembra che in questo momento sia solo la minorità ad attingere al nostro ruolo da studenti. La minorità che noi definiamo con un software, una linea Wi-Fi che si inceppa continuamente, la voce rauca dei docenti in live e il nostro animo triste.

Sicuramente sarà la pagina più brutta della scuola italiana, la scuola è composta anche da noi studenti. Io sono un Liceale, ma credo che debbano essere  tutelati  anche gli  studenti universitari che hanno tutto il mio supporto morale. La scuola non può svolgersi mediante un computer, la didattica non può attuarsi a distanza. La scuola è fatta per essere vissuta, per essere percorsa a pieno al fine di renderci uomini e cittadini migliori.

Mattia Pio Gammetta

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