Sono una docente di scuola primaria che ha vissuto la didattica a distanza dalla duplice prospettiva di mamma e maestra, organizzando e rimodulando una vita diversa che ha stravolto completamente qualsiasi ritmo lavorativo e relazionale. Videolezioni, chat di classe, gruppi whatsapp e “distanza” mi hanno permesso di scoprire ancor più quanto sia importante la didattica che ha come sostrato le affinità relazionali.
La scuola è un mondo complesso, fatto di relazioni prima di tutto: tra bambini, tra colleghi, tra genitori; tutto questo si intreccia e si incastona in un percorso di crescita a cui, soprattutto nella scuola primaria, assistono maestri e genitori.
Questi mesi di lavoro a distanza hanno consentito a tutti noi (a chi ha voluto e si è soffermato a farlo) un’osservazione profonda di comportamenti, presenza, partecipazione, impegno, silenzi.
Io ho scelto di farlo, con molta attenzione: ho osservato, ascoltato, interagito e, talvolta, sono stata in silenzio, quel silenzio consapevole che mi ha consentito di comprendere e scoprire tante realtà; mi ha portato a sottolineare qualcosa di bello: un’azione, una riflessione, un compito ma mi ha anche insegnato che un bambino non è quella riflessione, quel compito, quella manifestazione in una contingenza particolare. Un bambino può essere qualcosa di più o di diverso rispetto a ciò che noi educatori possiamo e riusciamo a vedere: quasi mai un bambino è perfetto, un bambino chiede la nostra attenzione, talvolta un bambino nasconde difficoltà e bisogni dietro un’apparenza fintamente perfetta.
E allora arriva un altro quesito: oltre a preoccuparci della didattica (che è il nostro mestiere, ma solo in parte), la nostra funzione più importante in questo momento, non era forse quella di ascoltare, capire, entrare in sintonia e rassicurare? Comprendere l’identità tra le identità! Sì, per me è diventata questa la priorità.
Dopo questa risposta, di quesito ne arriva un altro: una maestra/un genitore è capace di fare tutto questo?
Una maestra, che è pur sempre una persona che ha vissuto le medesime difficoltà di chiunque altro, non ha forse avuto un carico troppo grande per poterlo affrontare da sola, senza supporto, senza aiuto, improvvisandosi mediatore, dispensatore, animatore digitale, psicoterapeuta?
E un genitore, in tutta questa caotica tranquillità, da chi è stato aiutato a gestire le difficoltà e le delusioni che può aver vissuto un bambino?
Aveva ragione Freud ad inserire questi due tra i mestieri più difficili.
Concludo con l’ultima osservazione: non abbiamo bisogno di bambini perfetti, abbiamo bisogno di bambini corretti e coraggiosi che guardano al futuro con occhi onesti!
Meditiamo, ascoltiamo, andiamo oltre l’apparenza di adulti e bambini che sono capaci di costruire belle maschere come nel teatro dell’Antica Grecia, anche solo per difendersi dalle proprie paure o per essere accettati dalla comunità relazionale.
Solo con l’onestà e la franchezza costruiremo, educando i bambini, insegnando ai bambini, un mondo all’altezza delle nostre aspettative ma soprattutto un mondo in cui è bello vivere.
Anna Maria Elianto
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