Stanno facendo rumore, se diamo valore alla rassegna stampa di questa mattina, i confronti, soprattutto tra Nord e Sud (il 25% di cento e lode al Nord contro il 50% del Sud), con giudizi e le prese di posizione, sulla differenza notevole tra sui centini e le lodi agli esami di maturità. E’ oramai tutti gli anni, purtroppo.
E questo avviene nel mentre gli stessi ragazzi, anche nelle facoltà che non hanno previsto il numero chiuso, stanno studiando, o tentando di studiare, vista la calura, per prepararsi al meglio ai test d’ingresso. Beati, quindi, quelli che i test li hanno già passati a primavera.
Se le università hanno introdotto i test, ciò significa che non considerano granchè gli esiti degli esami di maturità.
Qualcuno, arrampicandosi sugli specchi, si affida, a mo’ di giustificazione, alla differenza tra test Invalsi e Ocse-Pisa e valutazioni finali degli esami di maturità. Ma dati, alla mano, sembrano parole al vento. Come sa chi vive la scuola reale.
Pochi, in realtà, stanno sottolineando il vero problema: che già imporre i test d’ingresso, è bene ripeterlo, è un altro modo per dire che gli esami di Stato, visto che “maturano” il 99,5%, non hanno oggi alcun senso. A parte il solo fatto positivo, cioè l’aspetto psicologico di “rito di passaggio”, che tutte le ansie che ben conosciamo.
Ma, a parte questo riscontro, a che pro? Perché spendere, per limitarmi alla sola mia provincia di Vicenza, spendere 2 milione di euro (più di 200 milioni in tutta Italia), per compensare le commissioni, invece di investire sulla scuola?
Resta la questione di fondo, sul piano formale, cioè il valore legale dei titoli di studio. Oggi modalità obsoleta. Perché una vera valutazione, oggi più di ieri, se vuole essere il più possibile oggettiva, al di là di tutte le variabili, deve, o dovrebbe essere “terza”.
Per cui, una riforma da proporre da subito, per i vecchi e nuovi partiti che non si limitino al solito “dimmi quello che vuoi sentirti dire”, dovrebbe portare a questo: abolire il valore legale dei titoli di studio, e sostituirlo con un sistema di accreditamento svolto da agenzie indipendenti, che assicuri la verifica del valore reale dei corsi di studio, superiori ed universitari, a protezione degli studenti e delle reali pari opportunità.
Perché questo è il punto: stiamo aiutando i nostri ragazzi, dando voti gonfiati? O non hanno, invece, bisogno di sentire parole e gesti di verità, che dicano l’effettiva realtà della loro preparazione? Quale idea positiva di futuro possiamo proporre se poi, in realtà, scarichiamo le nostre responsabilità sulle loro spalle? Non sta già avvenendo da qualche anno questo scaricabarile, nei termini di un carsico conflitto generazionale? Regalare voti alti non è un atto di irresponsabilità?
A questo punto, visti i dati, cosa dovrei dire ai miei insegnanti, un liceo di quasi 2200 studenti, in continua crescita, conosciuto e riconosciuto come “di prestigio”, se considero che su 330 maturati le lodi sono state solo 5 su 30 centini? E nelle scuole della città di Vicenza è lo stesso, con soli 11 con la lode su 2376 studenti.
In Veneto siamo passati da 276 a 288 centini, contro il record pugliese dei 934 diventati quest’anno 944.
Che altro dire?
Solo un “in bocca al lupo” a questi nostri ragazzi, perché sarà poi la vita la vera palestra di sensibilità, conoscenze, competenze, capacità. La vita, dunque, oltre tutte le maschere.
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