La valutazione: un tema sempre più presente nella vita scolastica, un discorso sempre aperto e sempre in evoluzione, un’evoluzione anche ‘estrema’.
Ultimamente, infatti, alcune scuole italiane sono riuscite (‘dicitur’) a ‘valutare senza valutare’ (o valutare n modo innovativo), con l’ottimo risultato di “eliminare la pressione competitiva, sviluppare una motivazione intrinseca per l’apprendimento piuttosto che orientata esclusivamente sullo sfoggio di un bel voto e ottenere, così risultati di apprendimento decisamente migliori”.
Applaudiamo a tale ‘successo’, riteniamo però utile ricordare, in modo approssimativo, il più ‘recente’ iter storico relativo alla valutazione.
Negli anni ‘70 si cominciò a mettere in discussione il valore valutativo e formativo del voto, considerandolo non esaustivo, e lo si preferì sostituire (nelle scuole elementari in quelle secondarie di primo grado) con ampi, prolissi e ‘stampati’ giudizi (analitici e globali).
In seguito il voto risorse, ma limitato o implementato da una serie corposa di precisazioni per tentare di riuscire di dare all’atto valutativo una vera efficacia formativa (con esiti felici?).
Così, anche nelle scuole superiori si ebbe l’illuminante idea di unire al voto una sua ‘esplicitazione’ o meglio, di costruire il voto attraverso una precisa, elaborata, puntigliosa, pleonastica, sovrabbondante, prolissa e complicata scheda (o griglia o ‘gabbia’), formata da un infinito numero indicatori (ognuno con un suo valore numerico) che, uniti e ‘sommati’, riuscissero ad ottenere la valutazione ‘perfetta’, valutazione in numeri, ovviamente.
Un’opera di alta ingegneria. In questo modo correggere un compito diventava un atto quasi automatico e meccanico che cercava di non lasciare alcun spazio a quella giusta parte di soggettività del docente, in nome di una inequivocabile oggettività.
E’ opportuno, allora, sottolineare la dinamica del voto, dinamica non sempre del tutto osservata sotto la giusta prospettiva.
Il docente, infatti, non si limita ad assegnare un compito e, una volta corretto, a riconsegnarlo numericamente valutato.
Già all’inizio la prova consegnata richiede sempre, da parte del docente, di alcune, imprescindibili, spiegazioni per il suo corretto svolgimento e la riconsegna del compito, corretto e valutato, esige una chiara, precisa e puntuale correzione (orale o scritta), sempre operata dal docente davanti a tutta la classe.
Inoltre, un ulteriore ragionamento tra piccoli gruppi di alunni e il docente, potrà chiarire ai ragazzi: gli errori, la gravità dei questi, le possibilità di miglioramento, i temi da rivedere, le conoscenze da recuperare e il perché di una eventuale valutazione numericamente molto bassa rispetto ad altri. Sì, non bisogna aver paura di dare e prendere voti molto bassi (e neppure di assegnare, se la prova è eccellente, voti molto alti). Bisogna capire quanto è profonda la propria impreparazione. Una volta acquisita la propria condizione conoscitiva si deve, se questa è altamente lacunosa, ricominciare a studiare (o cominciare a studiare, probabilmente in modo diverso, senza perdersi d’animo, sicuri che il docente sarà sempre pronto ad aiutare e a fornire i giusti consigli per un buon apprendimento e una piena (o almeno adeguata) comprensione.
La valutazione dell’evento didattico è fondamentale, cancellarla porterebbe ad un’incompletezza formativa della scuola e ridurrebbe la sua efficacia educativa.
Del resto gli ‘esperti teorici’ che, per sorte, hanno avuto la possibilità insegnare, veramente, in una vera classe, conoscono benissimo la necessità, per il docente, di raccogliere dati, durante l’anno scolastico sulla preparazione degli allievi, per essere in grado, alla fine dell’anno scolastico, di ‘esprimersi’ favorevolmente o no su ciascun allievo. E ciò può avvenire soltanto attraverso prove e valutazioni.
Inoltre, sono tutti ben consapevoli che, la proposta di valutazione finale del docente al Consiglio di Classe, in sede di scrutinio, non si riduce certo ad una mera media dei voti.
Vi sono altri elementi e criteri da dover prendere in considerazione per il voto finale. Elementi e criteri direi ‘umani’ e ‘sociali’ che si affiancano ai freddi numeri e contribuiscono in modo assai sensibile all’esito dello scrutinio finale.
Invero, poi, ogni numero, non è poi così algido, ha la sua storia e il suo vissuto, il suo volto, le sue fatiche.
Dietro ogni numero appare, in filigrana, la personalità dell’allievo e di questo il docente deve tenerne conto.
Necessaria e costitutiva del processo di apprendimento, la valutazione non può essere in alcun modo cancellata dalla scuola, è in essa connaturata.
Certo, nel tempo si affermeranno altri e diversi strumenti valutativi. Pensiamo alla valutazione come ‘negoziazione’ o come autovalutazione, pratiche, forse, già in uso che però, a mio modesto avviso, non possono prescindere dalla divisione dei ruoli (docenti-studente) e dal compito inderogabile del docente di essere lui, in ultima analisi a valutare.
Forse sarebbe meglio non affannarsi troppo (o farlo con moderazione e coscienza) a cercare rinnovazioni e cambiamenti valutativi, magari complicati e non del tutto affidabili. Anche se, è inevitabile, nel tempo ‘fioriranno’ nuove metodologie didattiche e docimologiche. Bisogna rassegnarsi alle inarrestabili novità. Ma saranno proprio novità o ‘riprese’ (sotto altri nomi) di usi e costumi scolastici del passato? Chissà!
Andrea Ceriani
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