Bisogna dire che quando di mezzo c’è la salute dei bambini non si può fare finta di nulla, anche se ciò, dovesse costare il licenziamento di migliaia di lavoratori. In quell’istituto scolastico, frequentato da oltre 400 bambini, i monitoraggi sulle diossine compiuti in due punti sullo strato superficiale del suolo, segnalano il superamento dei limiti di accettabilità è di 10 nanogrammi per kg. Le rilevazioni fatte nei due punti del suola, riportano in uno 10,2 e nell’altro 18 ng/kg.
Queste sono sostanze cancerogene, o promotrici della cancerogenicità, tossiche, persistenti, non facilmente biodegradabili e con lunghissima emivita negli organismi coinvolti. Benché le diossine si assorbano al 90 per cento per via alimentare, e solo in dosi molto elevate per inalazione o contatto l’inquinamento di un giardinetto, dove i bambini giocano e mettono le mani in bocca, evoca il fantasma della cloracne. Il rischio di mettere a repentaglio la salute di bambini innocenti esiste e non va assolutamente sottovalutato.
Da tempo un’ordinanza comunale vieta di far giocare i bambini nei giardini pubblici dei Tamburi, che si trova nelle vicinanze della scuola. Si potrebbe dire, senza paura di essere smentiti, che la diossina Killer sta bussando alla porta di questa scuola elementare, con il serio rischio di stravolgere la futura esistenza degli scolari di questa scuola. Ironia della sorte la scuola è intitolata al premio Nobel alla letteratura Grazia Deledda che nel romanzo “Canne al vento” porta in primo piano i costi sociali dei rischi ambientali del progresso e della modernità che si interseca al tema profondo della fragilità umana e del dolore dell’esistenza.
Nel nostro caso, mentre l’Ilva e la sua produzione di diossina rappresenta il concreto rischio ambientale, i bambini della scuola rappresentano la fragilità umana che rischia di spezzarsi come le canne sottoposte alla veemenza del vento.
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