Il mondo corre, le conoscenze si dilatano, la dimensione dei problemi aumenta e la scuola, anche se buona, sta alla finestra: non disattenzione ma disubbidienza. Nel 1999 l’autonomia è stata introdotta nell’ordinamento scolastico, una vera rivoluzione: i libri di testo non son più la road map degli insegnamenti. La progettualità “sostanzia” il cambiamento: le competenze generali che gli studenti dovranno possedere per interagire positivamente con il contesto socio-culturale sono da identificare, le capacità che tali traguardi presuppongono sono da individuare, ipotesi per il loro conseguimento sono da formulare, gli scostamenti tra obiettivi e risultati sono da “valutare”.
Gli operatori scolastici, a tutti i livelli, hanno trasgredito il dettato legislativo, tutto è rimasto immutato: troppo oneroso il nuovo compito, troppo elevato il livello d’incertezza che il cambiamento introduce. Incredibile e colpevole il fatto che il disegno di legge in discussione al Senato faccia propria la resistenza che è stata frapposta all’adeguamento dell’istituzione al mondo contemporaneo, valorizzando la trasgressione. Ufficialmente si sostiene che la finalità del provvedimento è il potenziamento dell’autonomia, attribuendo a tale concetto un significato diverso da quello di legge: una vera mistificazione. Si prospettano solo interventi di contorno: l’essenza dell’educazione, i processi necessari per il suo sviluppo, la ridefinizione del campo in cui nasce il problema formativo sono scaraventati fuori scena.