Viola Ardone è una scrittrice italiana, napoletana di nascita, il cui romanzo “Il treno dei bambini” – edito da Einaudi nel 2019 – è diventato un best-seller tradotto in venticinque lingue. Ma Viola Ardone è anche, e soprattutto, una docente che insegna italiano e latino in un liceo della provincia di Napoli. Sull’ultimo numero del Venerdì di Repubblica, la professoressa-scrittrice pubblica un interessante articolo sul senso dell’insegnamento e sull’importanza della scuola nella nostra vita, nella vita di tutti. Ne suggeriamo la lettura perché “Lettera di una professoressa” offre parecchi spunti di riflessione e di dibattito: uno, ad esempio, verte sulla questione del “merito” dei docenti, se sia davvero così facile valutare il loro livello di bravura. Viola Ardone, a questo proposito, sostiene che “l’insegnamento è un mestiere artigianale che si costruisce nella pratica, un lavoro di sartoria che va adattato di volta in volta alle misure dei giovani “clienti” che di anno in anno ci arrivano. Per questo tutti i tentativi di valutare, quantificare, monetizzare la bravura di un insegnante si sono sistematicamente arenati”.
Ci chiediamo: sarà davvero così? Le competenze didattico-metodologiche e relazionali si costruiscono sul campo? Non sarebbe meglio avviare dei programmi (seri) di formazione in cui docenti esperti – ma davvero esperti, perché in caso contrario non avrebbe senso – insegnino ai più giovani come operare all’interno di un gruppo-classe, a maggior ragione se questo gruppo si trova in contesti difficili, in periferie urbane degradate, dove si deve insegnare a chi non vuole imparare, giusto per riprendere il titolo di un interessantissimo saggio di Giuseppe Bagni e Rosalba Conserva? La domanda resta aperta, anche se a occhio e croce le risposte sembrano giuste entrambe: formazione ed esperienza su terreno.
Viola Ardone poi, parafrasando Tolstoj, afferma “che tutti i bravi studenti si somigliano, ma ogni cattivo studente è speciale a modo suo. Ecco perché le chiacchiere sul merito, sul bullismo, sulla maleducazione e la svogliatezza mi annoiano. Perché la scuola deve essere fatta anche per loro, quelli dell’ultimo banco, non per metterli alla porta e ridurli all’obbedienza con punizioni esemplari, a per fare trovare loro un posto nella classe, dunque nel mondo”.
Anche qui, via al dibattito: possiamo definire “chiacchiere” tutti i ragionamenti in atto sul fenomeno del bullismo che in questi ultimi tempi ha raggiunto livelli molto preoccupanti nelle scuole italiane? Certo che la scuola deve occuparsi degli ultimi, siamo tutti d’accordo e ci mancherebbe altro! Ma non si può non interrogarsi sui cambiamenti socio-culturali che in Italia e altrove hanno fatto sì che violenza, sopraffazione, assenza di empatia stiano trovando cittadinanza all’interno del “santuario”, dentro quelle mura scolastiche chiamate a veicolare ben altri valori.
Un articolo da leggere, quello di Viola Ardone, appassionato e ricco di aneddoti ed esperienze personali di insegnamento, con tante affermazioni che – come abbiamo visto – possono arricchire il dibattito sulla scuola.
Ma quando la scrittrice asserisce che gli unici veri problemi della scuola italiana sono l’edilizia scolastica e il numero degli alunni per classe, allora lì niente dibattito, tutti d’accordo!
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