La dirigente scolastica denunciata, insieme ad un docente di religione, da un genitore, dopo che è stato sequestrato il telefono al figlio, un ragazzino di undici anni, ha detto la sua. Lo riporta L’Adige. Secondo la preside l’atteggiamento del genitore è alquanto nocivo e il gesto della scuola assolutamente legittimo.
“Lo prevede il regolamento della scuola e considerato che nessun testo legislativo lo vieta. Con i genitori, attraverso il regolamento, abbiamo stabilito un patto di responsabilità, nel senso che riteniamo fondamentale il loro coinvolgimento nell’aspetto educativo della scuola, che passa anche attraverso queste azioni. Inoltre il regolamento è importante anche per stimolare i ragazzi a quello che si fa in classe”, ha esordito la donna.
In molti avevano giudicato eccessivamente severa la decisione di sequestrare il dispositivo e addirittura restituirlo dopo giorni. “La restituzione ai genitori del telefonino sequestrato all’alunno rappresenta un momento su cui soffermarsi a livello educativo, per ragionare assieme sulla funzione della scuola. Questo mi auguro sia compreso bene da parte dei genitori”, ha continuato.
La preside crede che il genitore abbia reagito in modo esagerato: “Ha avuto una reazione spropositata ed è partito in quarta annunciando un’azione legale: un atteggiamento simile non fa bene al ragazzo”, ha detto.
Il padre ha giustificato la sua decisione di agire per vie legali così: “Giusto richiamare, anche con una nota, mio figlio che ha sbagliato a non spegnere il telefonino, e giusto anche sequestrarglielo fino al termine delle lezioni, ma alla fine della mattinata glielo dovevano restituire. Perché con lui tengo i contatti proprio via telefono, visto che non possiamo vederci tutti i giorni e perché serve nelle comunicazioni scuola-famiglia, e perché mi dà la sua posizione se dovesse trovarsi in difficoltà. Il sequestro è illegittimo. Lo hanno affermato sia il ministero dell’Istruzione che il garante della privacy”.
Ma come sono andati i fatti? Nel corso di una lezione il cellulare di un ragazzino di undici anni squilla e disturba la classe. Il docente di religione decide di redarguire lo studente e sequestrargli il dispositivo per poi restituirglielo giorni dopo. Da qui la rabbia del padre dell’alunno, che ha deciso di procedere per vie legali contro il docente e il preside.
“Dovevo sentire mio figlio e non è stato possibile”, ha raccontato l’uomo a L’Adige. ”Le linee guida del ministero e il garante della privacy sostengono chiaramente che la scuola può proibire l’uso del cellulare ma non esercitare poteri coercitivi di perquisizione al fine di verificare il rispetto del regolamento, così come l’insegnante non può provvedere al sequestro” ha detto il padre dell’alunno. Insomma, quest’ultimo non si è posto contro il rimprovero o il divieto di uso di cellulare in classe, ma non ha gradito il sequestro del telefono, prolungato, peraltro, per giorni.
La scuola aveva avvisato subito la mamma, che si è presentata a scuola il giorno seguente, ma in assenza della dirigente non è stato consegnato il telefonino. Si è dovuto così attendere il lunedì, quando è andato il padre a scuola per incontrare direttamente la preside.
“A noi interessa un confronto con i genitori, anche al telefono se non in presenza, ma deve esserci. Poi il telefonino lo può riconsegnare anche la segreteria”, ha concluso la preside.
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