Il 2 Giugno del 1946 dodici milioni e settecentomila di donne e uomini – le donne erano state chiamate a votare dopo l’esclusione decretata dall’Italia liberale e da quella fascista per quasi un secolo – scelsero il simbolo repubblicano della donna turrita, contro dieci milioni e settecentomila italiani che avevano messo una croce sullo stemma sabaudo. La scelta innovativa che usciva dalle urne, la Repubblica democratica, contribuiva a sciogliere pacificamente un nodo che aveva pesato non poco in tutte le crisi di regime dello Stato unitario a partire dal 1861.
Giustamente il presidente Azeglio Ciampi vent’anni fa aveva riportato la ricorrenza al centro del calendario pubblico facendola diventare una festa civile sentita da tutto il Paese. Peraltro, quest’anno la data è ancor più significativa perché sono in gioco questioni decisive per il nostro futuro e sono maggiormente esposte le nuove generazioni a causa della pandemia per le conseguenze socio-economico-istituzionali da essa provocate.
Il 2 Giugno è la festa della Repubblica democratica e antifascista. La nascita della Repubblica segnò il riscatto del popolo italiano dopo la dittatura fascista e l’orrore della guerra nella quale il regime di Mussolini l’aveva fatto precipitare. Grazie alla guerra di Liberazione, al sacrificio dei partigiani e delle forze Alleate, l’Italia seppe prendere in mano il proprio destino e sconfiggere, con il determinante contributo dello schieramento mondiale antifascista, il nazifascismo.
Gli ideali dell’antifascismo e della Resistenza, trasfusi in gran parte nella Costituzione della Repubblica, hanno concorso alla formazione di una coscienza civile che ha costituito il più saldo cemento dell’identità e dell’unità nazionale. Ancora: i valori affermati nel corso della Resistenza – lavoro, tutela dei diritti individuali e collettivi, solidarietà, pace, libertà di pensiero e d’espressione, autonomia della scienza e della cultura – furono alla base della fase costituente e rappresentarono, e noi siamo convinti che debbano ancora rappresentare, l’essenza della Costituzione repubblicana entrata in vigore il 1° Gennaio del 1948. Del resto, la Resistenza si ricollegava ai momenti alti e nobili della storia d’Italia, soprattutto al Risorgimento e al Rinascimento per il respiro culturale e ideale dei protagonisti e per il valore che quegli avvenimenti hanno avuto e continuano ad avere per il popolo italiano tutto e in particolare per i giovani, che attraverso lo studio a scuola acquisiscono memoria e conoscenza del passato.
Ed è per questo che vogliamo evidenziare l’importanza dell’insegnamento dell’Educazione civica, reintrodotto quest’anno nella scuola italiana. Qualcuno ironicamente potrebbe chiedersi, come cantava Lucio Battisti: ”Ancora tu?! Ma non dovevamo vederci più? […]”, per quale motivo è stata rimessa nel curriculo dei nostri studenti questa materia, che peraltro non ha ancora un “corpo” ben preciso e non afferisce ad una definita classe di concorso. Ma pur con i limiti riscontrati dagli esperti e dai docenti nel corso di quest’anno, ci sentiamo di spezzare una lancia a favore di questo insegnamento che potrà senz’altro trovare un assetto migliore già dal prossimo anno.
E’ con la legge 92 del 20 agosto 2019 che è stata introdotta l’Educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, in modo obbligatorio, con un proprio voto e per almeno 33 ore dedicate nel corso dell’anno scolastico. Sono tre gli assi attorno a cui ruota la nuova materia: studio della Costituzione italiana, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale. Ci soffermeremo sinteticamente sulla Costituzione e notiamo che le linee guida ministeriali pongono, alle studentesse e agli studenti, l’obiettivo di approfondire lo studio della Carta costituzionale e delle principali leggi nazionali e internazionali affinché si punti alla conoscenza dei diritti e dei doveri per formare cittadini responsabili e attivi.
Dunque, la Costituzione: la carta conquistata con la lotta contro la dittatura, foriera di valori e principi universali che trovarono e continuano a trovare concrezione attraverso “diritti sociali”, ma che ancora, come di recente ha affermato il Capo dello Stato, non hanno trovato piena attuazione. La Costituzione è un Patto e non un qualunque compromesso o un effimero espediente: malgrado le sue imperfezioni, poté elevarsi alla dignità di un accordo alto in cui sono confluite le tre grandi tradizioni politiche del nostro Paese: quella liberale, quella cattolica e quella social-comunista.
In conclusione, Piero Calamandrei in uno splendido discorso del 1955 rivolto ai giovani affermava: “Voi capite che la nostra Costituzione in parte è una realtà, in parte è ancora un programma, è un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere, quanto lavoro vi sta dinanzi”.
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