Uno spettro si aggira per l’Italia. È lo spettro del collegio docenti. Ma non fa più paura a nessuno perché, proprio in quanto fantasma, rappresenta ciò che è morto. Morto e sepolto dal dilagante dirigismo che pervade la Scuola italiana.
Un “dirigismo” che è eterna malattia del nostro Paese dai tempi terribili del Fascismo e che continua a far danni oggi più che mai. Eravamo abituati a considerare la Scuola un’isola di democrazia, ma ci siamo sbagliati.
Al netto di innumerevoli presidi che lavorano instancabilmente sul territorio per arginare la dispersione scolastica, per dotare i propri istituti di tutto ciò che possa contribuire a migliorare quotidianamente l’offerta formativa e per favorire l’inclusione soprattutto in quei contesti sociali più difficili, ce ne sono purtroppo alcuni che interpretano il proprio ruolo come quello di un dirigente d’azienda e nulla più.
Capita allora che ogni giorno, in tutta l’Italia, i docenti convocati per un collegio possano trovarsi a dover approvare solo formalmente decisioni già prese e a votare nominalmente per poter essere così suddivisi tra amici e nemici o meglio tra collaborativi e contrastivi.
Il dirigente introduce la questione arricchendo il proprio discorso con una serie di inglesismi quali milestones, skills, customer satisfacion e si preoccupa di mostrare su mega schermo i sondaggi riguardanti l’argomento con tanto di “diagrammi a torta” e relative percentuali, e sottolinea che l’utenza, costituita da genitori e alunni, si è già espressa.
Aggiunge poi che appartiene dunque ai docenti soltanto la responsabilità di accontentare o meno l’utenza. Pronunciarsi contro significherebbe ovviamente deludere l’utenza e porre l’Istituto al rischio di perdere iscrizioni per il nuovo anno. E, di conseguenza, questo potrebbe comportare altresì la minaccia di una contrazione delle classi a causa di un numero inferiore di iscritti ed ovviamente la perdita di cattedre di ruolo per i docenti dell’Istituto stesso. Risultato: votazione bulgara a favore della proposta del dirigente.
È ancora possibile opporsi a questo stato di cose? È davvero questa la scuola del futuro, una scuola nella quale gli studenti sono ridotti/promossi a clienti da soddisfare? Una scuola nella quale i docenti, vero pilastro portante di tutto il sistema, sono privati, ancor prima che del proprio ruolo, della loro stessa dignità dal momento che sono sempre gli ultimi ad essere interpellati sulle questioni di maggior interesse per quella che dovrebbe essere una comunità scolastica orizzontalmente e non verticalmente gerarchizzata?
Forse è tempo di svegliarsi e alzare la voce, perché questo modello di scuola non solo umilia chi la scuola la fa davvero, ma soprattutto rischia di non formare più le coscienze dei futuri cittadini e delle future cittadine del nostro Paese e di renderli sudditi, privi di qualsivoglia spirito critico e incapaci di comprendere appieno le grandi trasformazioni del nostro tempo.
Luca Loizzi
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