I risultati dei test Pisa, a cui partecipano tutti i Paesi Ocse (e riguardano lettura, matematica e scienze) danno il primato per la migliore istruzione agli studenti finlandesi. E mentre l’Italia continua a sostare in una posizione media nella classifica, la Finlandia offre un modello virtuoso cui guardare.
Com’è strutturata allora la scuola finlandese, di cui tanto si parla e che sta facendo scuola in tutto il mondo? Tempi.it lo ha chiesto a un esperto, di cui riportiamo le considerazioni più salienti.
La Finlandia possiede una scuola di tutto rispetto per svariate ragioni.
Anzitutto ha un curriculum molto secco, ridotto all’osso. I corsi di studio non hanno le undici, dodici materie della nostra scuola. È essenziale. Infatti, gli studenti finlandesi stanno a scuola poche ore, rispetto al nostro sistema, e il tempo libero permette loro uno sviluppo parallelo, ma complementare, alle esigenze scolastiche. Inoltre, la nostra organizzazione della didattica è molto teorica, mentre quella finlandese è proto-industriale: usano moltissimo il laboratorio e hanno poche lezioni frontali.
La qualità degli insegnanti?
Gli insegnanti finlandesi sono di altissimo livello di preparazione. Durante le fasi di selezione, solitamente il 90 per cento dei candidati sono scartati, salvando solo i migliori. A una preparazione molto forte consegue una retribuzione più alta e in progressione. In Italia è difficile che lo stipendio di un insegnante aumenti negli anni. Lì, invece, la carriera di “docente” è riconosciuta.
Come funziona il reclutamento?
L’organizzazione funzionale e amministrativa della scuola è fortemente decentrata. Vi sono chiaramente degli standard nazionali, ma sono le scuole e i comuni che decidono chi assumere. Insomma, non c’è bisogno di praticantati o tirocini: è la scuola che decide se una persona è in grado di fare l’insegnante o meno.
È possibile esportare il modello finlandese in Italia?
Sì, è possibile. In Italia vige un modello iper-centralista. La legge che riguarda l’autonomia della scuola, del 1997, è anch’essa puramente funzionale. Non è un’autonomia reale. La scuola non è altro che un ufficio decentrato del ministero. Insomma, basta cambiare la pratica dello Stato: passare dal centralismo amministrativo statale all’autorganizzazione delle comunità locali, spostando il peso della formazione dallo Stato alla società civile.
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