Apprezzabile la sinergia tra il Ministero dell’istruzione e quello dei beni culturali, come da “intesa del 28 maggio”, nell’intento di tornare sui propri passi rispetto a quanto la riforma Gelmini ha imposto all’insegnamento della storia dell’arte.
Nel mio ruolo di “referente” del gruppo di studio sulla “Formazione Artistica” dell’Associazione ARTEM DOCERE, ho contribuito all’azione instancabile e meritoria del sodalizio per stimolare e sollecitare il Ministero dell’ Istruzione affinché rivedesse le sue scelte sulla cultura artistica in Italia.
L’Associazione ha confezionato per il Ministero e reso pubblico un ampio e corposo dossier che pare abbia avuto una prima risposta limitatamente all’ insegnamento della storia dell’arte nelle scuole. Ma questo non basta.
L’insegnamento della storia dell’ arte è solo un aspetto del grande campo dell’educazione in generale e della formazione artistica. Entrambi devono contribuire a consolidare nei cittadini la capacità di “leggere”, “comprendere”, e “applicare” un vero e proprio linguaggio con precise conoscenze e abilità in campo creativo, così come avviene in quello della lettura, della scrittura e dei saperi scientifici. Ciò può realizzarsi solo attraverso la ricostruzione di curricula specifici, in continuità e successive specializzazioni, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’università, per trattare dell’idea di arte, della storia delle arti e del fare arte.
Si tratta di assicurare un percorso generalista fino alle scuole superiori per tutti i cittadini con pari dignità rispetto agli altri corpus disciplinari, accanto a percorsi specialistici e professionalizzanti a partire delle scuole superiori fino alle università, alle accademie e alle scuole speciali post diploma. Il tutto deve essere pensato e codificato in una visione unitaria e modulare con garanzie di sicura eccellenza anche per il semplice cittadino in formazione che non ne volesse fare una professione, visto il paese in cui ci troviamo. Avremmo così oltre che un incremento di professionisti preparati e colti nella mente e nella mano e ad una spinta a valorizzare al meglio i nostri patrimoni nazionali, visitatori di musei, fruitori di concerti, viaggiatori di città che non aumenteranno di numero perché così fan tutti, ma perché le loro conoscenze e competenze e quindi la loro curiosità e sete di sapere li porterà a osservare e studiare i beni paesaggistici, culturali e artistici con piena consapevolezza.
Non più “turisti per moda” a caccia di foto ricordo esibendo il tablet e le ridondanti foto nei social networks, visitatori di un parco dei divertimenti!
La riforma scolastica va assolutamente rimodulata da questo punto di vista e nella scuola dell’infanzia, quella primaria, secondaria di primo grado e i tutti gli indirizzi di secondo grado e nell’università dovranno essere progettati e collocati curricoli fondamentali caratterizzati da teoria e pratica per l’educazione artistica, la storia dell’arte e di tutte le arti applicate accanto a curricoli specialistici della progettazione e del disegno, della scultura, della moda, dell’architettura, dell’oreficeria, della musica, della danza…
Senza l’acquisizione e la padronanza di questi linguaggi, non solo a livello professionale, la metà della nostra mente sarà irrimediabilmente compromessa, al di là di quanto riportano con estrema parzialità le indagini e le rilevazioni internazionali sulla qualità dell’ apprendimento scolastico che, con pervicace miopia, insistono sugli stereotipi del saper leggere scrivere e far di conto. A tal proposito è auspicabile una lettura approfondita dei rapporti annuali sulle diverse aree dell’ educazione e dell’istruzione a cura dell’apposita Agenzia Europea (Education, Audiovisual and Culture Executive Agency).
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