Nei giorni scorsi si scriveva “Ma quanto costa questa libertà negata?”.
Sono 304 le scuole pubbliche paritarie chiuse nell’ultimo anno e 24.713 gli alunni in meno rispetto allo scorso anno. Da notare: si tratta di alunni che allo Stato non costavano quasi nulla (50 euro l’anno pro capite) e che ora, dovendo cercare verosimilmente una sistemazione in scuole statali limitrofe alle paritarie “defunte”, verranno a costare allo Stato in media circa 10.000 euro annui pro capite. Se va bene.
Lo dicono i laicissimi economisti di Civicum con Deloitte. Meglio: se tutte le scuole pubbliche paritarie “defungessero”, lo Stato avrebbe una spesa annua in più di 6 miliardi di euro.
Un affarone per le finanze pubbliche! E non è che la scuola pubblica statale sia in salute: per 7.682.635 studenti mancano 1.800 presidi, con reggenze che vedranno quadruplicate le sedi e raddoppiati gli alunni; 80.000 saranno i posti coperti da supplenti (quando arriveranno); 50.000 cattedre di sostegno saranno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato sulla pelle dei bambini e ragazzi disabili; 2.000 i direttori dei servizi amministrativi che mancano. 3 milioni e 500 mila sono gli studenti partiti e mai arrivati al diploma dal 1995 ad oggi nella scuola secondaria statale, vittime di un fallimento formativo; 152 mila studenti dispersi nell’ultimo quinquennio nel percorso verso la maturità; 29% di dispersione nelle Isole, di cui il 33% in Sardegna; 32% di dispersione negli istituti professionali; 27% di dispersione negli istituti tecnici; 20% di dispersione nel liceo scientifico; 84 mila studenti dispersi dopo il biennio iniziale delle superiori; oltre metà degli studenti si disperde già dopo il primo biennio; 61 mila studenti dispersi al 1^ anno delle superiori; 2,9 miliardi la spesa annua per formare, senza successo, gli studenti che abbandonano; oltre 30 miliardi di euro l’anno è il costo sociale dei Neet, i giovani tra i 15 anni e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non fanno formazione.
Un bollettino di guerra: quale strategia? L’unica possibile: la libertà di scelta educativa, in un pluralismo di scelta formativa. Che i genitori – cioè il “popolo”, il destinatario della Manovra – possano scegliere la buona scuola pubblica paritaria o statale che desiderano.
Da Regione Lombardia un segnale di intelligenza e di diritto: si conferma la dote scuola
Il 29 gennaio è approvata dalla giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro Melania Rizzoli in perfetta continuità con le politiche di buon senso e di diritto del suo predecessore Ass. Valentina Aprea, la delibera con cui vengono stanziati 286 milioni di euro per finanziare le misure a sostegno del sistema di Istruzione e Formazione Professionale e della Dote Scuola per l’anno scolastico 2019/20. I contributi sono stati illustrati nella conferenza stampa tenuta dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana insieme all’assessore Rizzoli e a tutti i consiglieri. Da questi risultati la Lombardia trae motivo di orgoglio e lancia un chiaro messaggio a tutte le Regioni: buona gestione, trasparenza, determinazione, lotta all’ignoranza pagano bene. Il guadagno è la libertà della famiglia. “Ho sempre detto e ribadisco che la formazione di qualità – ha commentato il presidente Fontana – è il futuro dell’Istruzione al quale guardiamo con grande attenzione così come fa il mondo del lavoro, che altrimenti rischia di non trovare le professionalità di cui ha bisogno“.
E la formazione di qualità passa dalla libertà di scelta in educazione. Così è, se vi pare.
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