La gatta frettolosa… e la svolta “stupefacente” rimase cieca

 

Pare che il rinvio sia stato dettato dalla necessità di “non mettere troppa carne al fuoco”, così leggiamo sui giornali online da fonti di Palazzo Chigi.

O sarà  stata la prudenza suggerita dal Presidente della Repubblica al “confidente ingegno ” del nostro baldanzoso premier ossessionato dal mito della velocità?

O, ancora, più semplicemente, perchè nozze con i fichi secchi non se ne fanno ?

Una riforma della Scuola che voglia essere seria e affrontare i punti nodali del sistema istruzione in Italia, deve partire da investimenti importanti.

La prima doccia fredda all’annuncio dell’assunzione immediata di 100.000 precari, falsa peraltro, è arrivata dal ministro Padoan che, per dirla terra terra, ha avvertito che la cassa è vuota.

Del resto, non si è riusciti a reperire le risorse per mandare in pensione 4000 docenti della famosa quota 96, immaginiamoci da dove trarre i soldi per un così consistente numero di nuove assunzioni!

In merito a tali ventilate immissioni in ruolo, è doverosa una precisazione.

Si tratterebbe del ruolo per precari storici che, secondo una direttiva europea del 1999 contro la reiterazione dei contratti a tempo determinato, vanno stabilizzati, pena pesanti sanzioni per il nostro paese.

Una riforma credibile, inoltre, non può approntarsi in pochi giorni agostani e, soprattutto, come più volte noi docenti della Scuola Pubblica Italiana abbiamo evidenziato, non può essere puntualmente calata dall’alto senza sentire innanzitutto noi, i tecnici,  e poi i genitori e gli alunni, attraverso un’attenta rilevazioni dei bisogni, delle esigenze, delle aspettative e delle urgenze.

Insomma attraverso consultazioni preventive e  capillari nel corso dell’anno scolastico, che abbiano il carattere del rigore scientifico.

Sempre se si vuole essere seri e non piuttosto fare partite truccate.

Con rammarico, infatti, a seguito delle anticipazioni fatte in questi giorni dal Ministro Giannini al Meeting di Rimini, abbiamo immediatamente notato il trucco nascosto nella cosiddetta scommessa sulla Scuola, udite, udite, per il rilancio dell’Italia.

Ci fa piacere che finalmente qualcuno cominci a comprendere la stretta correlazione che c’è tra istruzione e competitività del paese.

Ma la camera di rianimazione in cui stiamo, richiede soluzioni immediate, a breve termine, non proiezioni trentennali.

Per carità, pianificare a medio e lungo termine, è previdente e fruttuoso, ma la macchina è inceppata e bisogna farla ripartire subito, con soluzioni efficaci, mirate.

Siamo ufficialmente in deflazione, una brutta bestia peggiore dell’inflazione,  per uscire dalla quale , occorreranno decenni, e siamo ritornati in recessione.

Senza avventurarci in discorsi economici, lasciamoli agli addetti ai lavori, ma usando solo  e semplicemente il buon senso, ci chiediamo come si possa rilanciare l’economia dando un altro durissimo colpo all’occupazione, i cui dati sono sempre più drammatici.

Nelle linee della riforma, è previsto infatti la creazione di un organico funzionale di rete al posto di quello attuale di diritto, per cui ci sarebbero dotazioni di docenti per un  numero di scuole dello stesso ordine che dovrebbero coprire ore curricolari e supplenze.

A parte, il carico aggiuntivo di lavoro e l'”uso” dei docenti di ruolo
come tappabuchi in questo o quell’istituto, con ricadute frustranti sul loro lavoro, altro che miglioramento della didattica, lo scopo dichiarato dallo stesso ministro sarebbe quello di eliminare le supplenze e dunque escludere 400.000 aspiranti insegnanti che, di solito, hanno conseguito lauree finalizzate all’insegnamento appunto.

Un giovane che si sia laureato in lettere, matematica, filosofia, impedito di cominciare a lavorare, sia pur da precario, nella scuola, oggi in Italia, quale altra possibilità d’inserimento consona agli studi fatti, avrebbe? Nessuna.

Dunque, la riforma del  cosiddetto rilancio, già conterrebbe un consistente numero di cadaveri. Ma gli effetti devastanti sull’occupazione, non finirebbero qui. Infatti, se come già tentato in passato sotto il governo Letta e poi rilanciato dal sottosegretario attuale del Miur, Reggi, si imponessero agli insegnanti le 24 ore settimanali, o addirittura le 36 ore, i posti che si perderebbero potrebbero arrivare a 600.000.

A questo punto ci viene un dubbio. La  fretta della “rivoluzione” renziana sulla scuola, è dettata da una regia esterna, la stessa che sta imponendo il rigore suicida in Europa con la  conseguente demolizione dello stato sociale?

Un altro dubbio. Detto fuori dai denti, dietro c’è l’ombra della Troika? Noi propenderemmo per due risposte affermative.

In Grecia,come è noto, la Troika , il micidiale composto di Fmi, Bce ed Ue, si è
comportata non solo da usuraia con i prestiti del  “salvataggio”, ma ha preteso immediate “riforme”, come il licenziamento brutale di un tot numero di dipendenti statali e di insegnanti della scuola pubblica greca.

In Italia, non ancora ufficialmente commissariata dall’Ue, certe pulizie, per vari motivi, non sarebbero possibili. L’Italia non è la piccola Grecia e bisogna agire con cautela.

Lo schianto economico dello stivale, la bancarotta per intenderci, avrebbe gli effetti devastanti di un elefante nella cristalleria dell’Europa.

Dunque si tratta l’ammalato terminale con prudenza, imponendo le solite cure da cavallo camuffate con escamotages vari.

Non dimentichiamo infatti che noi, come gli altri nostri coinquilini, siamo sotto la tagliola degli aberranti trattati europei, in primis lo stritolante Fiscal Compact ed altri ancora.

Sfuggirvi è impossibile se non si ha il coraggio di rifiutarli e ridiscuterli alla luce della situazione economica degli stati membri dell’eurozona e delle ulteriori sofferenze che provocheranno  alle già vessate  popolazioni europee, soprattutto a quelle dei paesi periferici, i poveri PIIGS.

Altro che farfugliare di flessibilità e poi calarsi le braghe dinnanzi ad uno Schäuble, tanto per fare un  nome, peraltro ministro tedesco delle Finanze, quello che
ha freddato persino un Draghi sul ricorso a misure non convenzionali a contrasto della deflazione.

Allora si fanno annunci e si attuano decimazioni mascherate con il nome di riforme. Per la Scuola Pubblica Italiana sta avvenendo esattamente questo.

Un piano di lento smantellamento iniziato da tempo che , ora, si sta accelerando.

Sic et simpliciter.

Ma le criticità della scommessa Renzi-Giannini sono tante.

Non si tratta solo di un problema occupazionale, qui brevemente evidenziato
per la contraddizione con le necessità della crescita di cui i vari esecutivi, da Monti in poi,  hanno solo favoleggiato.

Il paese è nella morsa delle sabbie mobili e vi sprofonda sempre di più, senza uno spiraglio di fatti, non parole, che comincino a trascinarlo fuori dal
pantano in cui sta si sta compiendo la sua dolorosa agonia.

I punti controversi su cui i docenti della Scuola Pubblica, insieme alle famiglie e ai ragazzi, sono pronti a dare battaglia, sono molteplici : dal taglio ipotizzato dell’ultimo anno delle superiori, chiaramente non per migliorare la qualità dell’offerta formativa ma per le solite logiche di risparmio, all’introduzione di capitali
privati, esattamente  come gli sponsor di una squadra di calcio, alla classificazione dei docenti in fasce con lo sbandieramento del panno rosso del merito, un miserevole osso di pochi euri mensili per scatenare guerricciole tra poveri, al ruolo dei dirigenti, costretti a fare i funzionari asburgici e a decidere chi debba avere qualche soldino in più e chi , eventualmente, vada punito, secondo le testuali parole della Giannini, e condannato nel girone dei licenziabili, al finanziamento delle scuole paritarie contro il dettato costituzionale, ai nuovi programmi in cui , senza pudore, ritornano come novità l’inglese e l’informatica di berlusconiana memoria.

Non ci siamo.

Questa riforma ha il sapore di  propaganda di regime, o di mera strategia di marketing come si preferisce,  sotto cui si cela il nulla.

Un nulla riferito alle sorti della Scuola Pubblica Italiana, da annientare appunto.

Le logiche del piano sono marcatamente neoliberiste , da azienda e mercato.

A questa mercificazione e distruzione del sapere libero, pluralista,  accessibile a tutti  che solo la scuola pubblica può garantire, superfluo ribadire che ci opporremo con tutte le nostre forze.

Prof.ssa Enza Sirianni

Referente coordinamento Insegnanti calabresi

 

Redazione

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