Se questa storia fosse un libro, potremmo intitolarlo “I sacrificabili”. Da ieri sera, dopo la conferenza stampa del Governo, è emerso in maniera inequivocabile che la generazione dei bambini e dei ragazzi è la generazione dei “sacrificabili”. E degli untori.
I sacrificabili sono i bambini dai 3 anni costretti a stare a casa, con la mamma (forse) o con i nonni (più probabile: ma non erano a rischio?); sono i bambini costretti a stare davanti al PC, con la famiglia (se fortunati) o da soli, senza prevedere congedi per i genitori; sono gli adolescenti che dovrebbero andar fuori, perché fuori c’è il mondo che li fa crescere, invece vengono chiusi nelle case, a regredire, a non stare bene.
I sacrificabili sono tali, ad un anno dalla pandemia, mentre i ministri ribadiscono, in TV, incalzati dai giornalisti, che l’ultima ratio deve essere quella del chiudere le scuole, e che loro sono per il tenerle aperte. Ma è da un anno che c’è questa pandemia, molte cose ora si conoscono, sulla trasmissibilità, sulla contagiosità, sul ruolo dei bambini e dei ragazzi, e delle scuole.
Forse i luoghi della trasmissione del virus sono altri? Anche molti dirigenti scolastici si son detti allibiti, sentendo che i centri commerciali rimangono aperti, in nome di una garantita sicurezza degli ambienti. E le scuole non lo sono? Spendere, si; studiare, no? Gli esperti ci dicono che le scuole sono sicure perché hanno attivato dei precisi protocolli, e che i contagi arrivano dalle famiglie; quello che non è sicuro è il contorno scolastico.
Lo avevamo già capito e lo avevate già detto moltissime volte: allora perché non agite per garantire la sicurezza nel contorno? Trasporto, tamponi e tracciamento.
La scuola va nella casa, ma la casa non è scuola. La scuola è il luogo per eccellenza del sapere, un luogo FISICO, non virtuale. Il luogo dei primi scontri, dei dibattiti, delle insufficienze, del compagno di classe secchione, di quello scapestrato. Un luogo perfetto per l’apprendimento, per capire la bellezza della conoscenza insieme ai pari.
Le scuole chiudono, perché farlo non costa niente, nell’immediato: soprattutto in termini di consenso politico. I nostri bambini e i nostri ragazzi non votano e non producono PIL, quindi si chiude senza troppe sofferenze. Semplice e lineare.
Il nostro Paese non sta mettendo la scuola, e di conseguenza i bambini e i giovani, come priorità nell’agenda politica. Solamente se si vedranno maggiori investimenti sulla scuola (quindi il taglio delle classi pollaio volute da una attuale ministra, un aumento nell’organico del personale scolastico, investimenti nell’edilizia scolastica), e, nell’attuale situazione, una maggiore capacità di testare gli alunni, si potrà dire che il Governo ritiene importante la scuola, a partire dalla scuola dell’infanzia fino all’Università (chiuse pure queste). Settembre dell’anno scolastico 2021/2022 è alle porte: solo allora vedremo se davvero ci tenete alla scuola.
Monica Buson
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