La Germani non ha preso bene il risultato del sondaggio, realizzato da quattro ricercatori della Freie Universitȁt di Berlino, e diffuso nei giorni scorsi, secondo il quale una larga fetta di giovani tedeschi ignorerebbe le derive dittatoriali del nazionalsocialismo e del suo esponente principale, Adolf Hitler. Il sondaggio, intitolato “La tarda vittoria delle dittature”, è stato condotto su 7.400 giovani compresi tra i 15 ed i 16 anni di età, dunque utilizzando un campione ampio e rappresentativo.
Secondo quanto rivelato dagli studiosi, livelli particolarmente bassi di conoscenza sono stati riscontrati tra i ragazzi con genitori nati nella Ddr, mentre i ragazzi con genitori nati nella Repubblica Federale hanno manifestato livelli di conoscenza molto più elevati. Il dossier riscontra inoltre diverse differenze a livello regionale: gli studenti in grado di dire la differenza fra dittatura e democrazia sono stati quelli residenti in Turingia ed in Sassonia mentre i meno acculturati sono gli studenti residenti in Nord Reno-Vestfalia, la regione più danneggiata, insieme a Berlino, dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
E giustamente i tedeschi,messi davanti a tanto sfacelo culturale, hanno mugugnato anche perché da quelle parti il dibattito sul nazismo e sulle sventure che ha lasciato è sempre vivo e continua è la fase di verifica delle responsabilità anche collettive.
Inatteso dunque il verdetto sugli studenti liceali pubblicato dagli studiosi, tanto che, secondo il ministero dell’Istruzione, bisognerebbe riprendere la pubblicazione del Mein Kampf (La mia battaglia), scritto da Hitler (1924) in carcere e quindi testo sacro del nazionalsocialismo, ma in una versione adeguatamente commentata, in modo da far comprendere ai giovani quanto le teorie naziste “abbiano portato a conseguenze disastrose”.
Il libro, obbligatorio in ogni scuola di ordine e grado durante il Terzo Reich ( e ampiamente studiato in Italia durante la dittatura fascista), non è mai stato dichiarato illegale in Germania, ma la pubblicazione è stata impedita per anni. Ciò tuttavia non ha impedito che nel Paese sia regolarmente circolato negli ultimi decenni soltanto attraverso internet e copie pirata.
Ora, il governo della Bavaria (che ne detiene i diritti), ha concesso agli organi federali di stamparlo, possibilità che dal 2016 sarà estesa anche a terze parti. Una decisione discussa e molto contestata da una buona fetta di opinione pubblica perché da parte di alcuni si teme che il libro possa contribuire a diffondere nuovamente ideologie naziste, mentre da altri invece si pensa possa davvero servire a colmare il buco nero storico dei giovani tedeschi.
Klaus Schroder, uno degli autori del sondaggio, è rimasto di stucco: “Sono scioccato”, ha detto il ricercatore universitario. “Questi studenti non hanno quasi nessuna conoscenza politica e non hanno conoscenza di concetti basilari come “libertà di parola” o “diritti umani”. Le scuole dovrebbero prendere provvedimenti”.
Bernd Neumann (Cdu), il Ministro di Stato per la Cultura ed i Media, ha detto al Die Zeit: “É ora che tutte le persone responsabili della Germania si sveglino”.
Per gli accademici che hanno co-firmato il sondaggio, i programmi scolastici tedeschi non ignorerebbero i fatti della seconda guerra mondiale e le sue conseguenze storiche, anzi ne parlerebbero a fondo, ma senza evidenziare sufficientemente la connessione tra i tragici scenari della guerra e la nascita della dittatura e la mancanza di libertà degli anni ’30.
Eppure l’istruzione tedesca, oltre ad essere una delle più avanzate del continente, ha sempre dato grande risalto alla storia del nazismo. Si può affermare senza dubbio che il ricordo della dittatura nazista e dei suoi traumatici sconvolgimenti ha dato forma alle scelte educative tedesche sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Fin dal 1960, quando la Germania Ovest affidò annualmente la stesura e la revisione dei libri di testo ad apposite commissioni bilaterali, composte da rappresentanti di diversi stati del mondo. In particolare, una commissione mista tedesco-israeliana diede negli anni ’80 un forte imprinting al trattamento dei temi dell’Olocausto e della Seconda Guerra Mondiale nelle pubblicazioni accademiche. Anche Chaim Schatzker, esperto del sistema scolastico israeliano, ha recentemente valutato come “molto soddisfacente” il trattamento della materia così come appare sui testi adottati più comunemente. Per le scuole tedesche e i suoi frequentatori, l’Olocausto non è un evento posizionato in un tempo lontano e sconosciuto, ma è parte integrante della storia recente. Qualcosa, però, non deve funzionare a dovere nel sistema considerato perfetto.
In ogni caso un simile abbaglio di valutazione fra gli studenti dei licei italiani non pensiamo si possa verificare, anche perché lo studio della storia e della letteratura hanno peso notevole nei nostri corsi di studio, nonostante i sondaggi Ocse-Pisa releghino la scuola italiana più in basso di quella teutonica. Lo sfasamento di giudizio e di valutazione della nostra istruzione, come altre volte è stato detto da esperti, dipende dal tipo di verifiche che vengono effettuate. Quasi tutte quelle tedesche, e non solo, sono basate su test, le nostre invece indagano attraverso i classici e gloriosi temi e le relazioni documentate. Per cui, dopo quanto si è verificato in Germania, occorrerebbe rivedere i giudizi sia sui nostri ragazzi, sia sul sistema e sia sugli insegnanti.
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