A seguire, l’intervento di Pino De Sario, esperto di Formazione e facilitazione.
Come lavorare in classe sulla gestione della negatività e del comportamento problematico? Ecco la proposta formativa, in programma dal 10 febbraio. VAI DIRETTAMENTE AL CORSO.
Il comportamento negativo nelle classi è frutto di pulsioni naturali profonde (bio), è un vulcano attivo di tratti personali dei singoli studenti (psico), è una lotta nel pieno dell’incertezza di un’epoca difficile e di grossi cambiamenti (socio). Possiamo definire come “negatività” l’insieme di problemi organizzativi, conflitti interpersonali, malessere emotivo, errori. Le negatività sono frequenti, sono a tutti i livelli, riguardano ciascuna persona, studente o gruppo. La negatività è una grande fetta di ogni situazione scolastica e organizzativa. La negatività quando ci prende come soggetti paralizza la nostra capacità di pensare, distorce le nostre percezioni e imprigiona il nostro agire.
Infatti, quando siamo in preda a emozioni negative il pensiero posato è sequestrato e ci muoviamo in uno stato di rigidità o di caos. Ma una grande fetta della negatività è sbagliato considerarla priva di risorsa, priva di qualunque informazione od opportunità.
Nel corso Gestione della negatività in classe, infatti, proviamo a metterla nel conto, perché contigua con la positività e anche perché molto ricca di effetti generativi e di rivalutazione. A patto però di possedere strumenti adeguati.
Tutti a turno abbiamo difese immature, comportamenti critici chiusi nella negazione e nelle accuse, che turbano gli scambi, i gruppi di lavoro, ogni contesto o situazione organizzativa o sociale. I fenomeni negativi disattivano le nostre parti ragionatrici e riflessive (corteccia) e accendono quelle più automatiche e primitive (limbico e tronco encefalico).
La prima cosa fondamentale da fare è prendere atto che i comportamenti sono fisiologicamente impregnati di sensi difensivi, autoprotettivi, ripetitivi, suscettibili, contagiosi, attrattivi in direzione della negatività. Non solo negli studenti, ma anche in noi adulti, insegnanti compresi.
Questa messa in conto rappresenta una mossa centrale, in cui accogliere e parlare delle criticità, dispone le situazioni a contenere i fardelli negativi, aiuta a comprenderne le fonti, a depotenziarne le esagerazioni, a prendere contatti sani con la realtà. Tutte premesse favorenti la trasformazione verso soluzioni più positive. La cosa invece da evitare, l’errore commesso un po’ ovunque, è fronteggiare la negatività col piglio giudicante, l’elusione, il soffocamento, la facile prescrizione di ricette. È assolutamente inutile aspettarsi che uno studente acceda alle sue capacità ragionatrici quando è intrappolato in un’agitazione emotiva e negativa, i percorsi del pensiero lucido sono interrotti nella loro componente vitale, incorporata, biologica.
Dare consigli a un amico o un collega che sta male o è arrabbiato, apporvi ragionamenti interpretativi, non solo è inutile, ma anche rafforza e irrigidisce i tasti negativi in azione. Le interpretazioni e i giudizi dati quando, invece, sarebbe necessario l’affetto, equivalgono ad un atto anti-comunicativo, che ha come conseguenza il peggioramento dello stato delle persone e dei gruppi.
Modelli tutti rivolti alle idealizzazioni intellettuali prescrivono appelli razionalizzanti, qui noi proponiamo invece la cura dell’esplorazione della negatività, supportata da metodo. La cosiddetta Capacità negativa, provare a trasformare il comportamento negativo attraversandolo.
Non perdere le opportunità che offre la negatività, non bloccare la tensione, non soffocare e non dare soluzioni premature. Avviare un’indagine pratica di elementi reali pur in forma canalizzata e concreta, raccogliere informazioni sull’episodio negativo. Nell’esplorazione c’è quindi una sosta nel problema, che viene indagato nella sua concretezza (la situazione e l’emozione), nei fatti, non tanto nelle opinioni. Già questa mossa porta una prima regolazione della negatività.
È vedere come affrontare il problema, qualisoluzioni trovare, passo dopo passo, evitando soluzioni perfette e ideali, privilegiando la gradualità operativa e pratica.
La trasformazione della negatività è un’esperienza complessa, che può andare bene e anche male. Qui tuttavia, individuiamo le pratiche adeguate che possono riuscire efficacemente. Di fatto nel primo passo ci si affida al Parlare, mentre nel secondo passo al Fare. Ecco, una buona integrazione che ritorna, Parlare+Fare. La negatività solo a parole non si risolve, come neanche solo coi fatti si risolve. La trasformazione è il risultato efficace di due fattori complementari, diversificati, che il facilitatore mette in sequenza sistemica.
Trasformazione = l’integrazione di due fattori
Discesa | Risalita |
Parlare (esplorare) | Fare (agire) |
Emozione, persona, stato | Situazione, contesto, storia |
Accogliamo, regoliamo | Affrontiamo |
Se ad una reazione scomposta e agitata mettiamo ascolto, tentiamo di coglierne le parole concrete per indagarne il disagio, stiamo facendo mosse nobili e decisive, che aiutano studenti e classi a passare per esempio dall’emisfero destro (inconscio ed emotivo) a quello sinistro (conscio e intenzionale) e inoltre, a integrare l’attivazione dell’amigdala (area neurale del cervello) con la sollecitazione della corteccia frontale, all’agitazione della prima segue il pensiero dosato della seconda. Questo crea un sollievo naturale, un depositarsi dell’agitazione e delle escalation, a cui possono subentrare barlumi di rivalutazione e ricostruzione. Gli studi qui segnalano come efficaci i metodi di distanziamento comunicativo e raffreddamento, nel vivo di emozioni rigide, pre-composte, ardenti, desolanti e senza uscite.
Il nostro strumento della “capacità negativa” è nel novero di questi metodi di emotività raffreddata, in cui parole dosate intercettano il disagio, assumendo ruoli di ristrutturazione e rivalutazione delle negatività. La rivalutazione riduce la produzione di cortisolo in risposta agli impulsi automatici e riduce le associazioni e l’eco negativo in sé e con gli altri, tipici delle agitazioni emotive. Pensiero e parole possono integrare e trasformare le emozioni.
Invece, solitamente, alla negatività si risponde con forme di repressione (soffocamento, evitamento, elusione, giudizio) che svolgono funzione di irrigidimento nei protagonisti, quindi in maniera per niente efficace. È stato riscontrato che l’attività dell’amigdala diminuisce e si contiene con il metodo della rivalutazione, mentre con quello della repressione tende ad incrementarsi. Il cervello di tutti noi ha una tendenza incorporata alla negatività, è per cui necessario portare l’attenzione su micro-momenti di connessione, vicinanza, accoglienza, rispetto, anche di parziale sicurezza emotiva.
Per passare in modo efficace da strategie difensive a strategie di coinvolgimento sociale, il sistema nervoso ha bisogno di adempiere a due importanti compiti di adattamento: a) valutare la negatività e i fattori che insidiano la sicurezza fisica e mentale; b) contenere i riflessi agitanti e automatici limbici e primitivi per richiamare le componenti più evolute che supportino le buone capacità prosociali.
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