La giurista esperta di temi educativi Elisabetta Frezza, Responsabile Scuola ContiamoCi!, è stata presente, lo scorso sabato 22 aprile, all’evento “Per una Scuola che torni ad essere Scuola“ che si è tenuto al BV Oly Hotel di Roma, relativo al mondo dell’istruzione e alle competenze fornite dal nostro sistema scolastico.
La Frezza, che ha inaugurato il convegno, ha esordito così: “Ci troviamo a fare i conti con una vera catastrofe educativa: scolari ignoranti, docenti sempre più depressi, famiglie sempre più rassegnate o accontentate da una vetrina che si chiama Ptof o tacitate con il bel voto che ormai non si nega più. Siamo tutti abitatori in pectore di una società analfabeta, cieca”.
Ecco gli altri temi toccati dall’esperta in tono polemico e anticonformista: “Un sistema scolastico capace comunque di sfornare alunni preparati è stato smantellato da una pletora di riforme che sotto in segno e la seduzione del progresso pedagogico lo hanno sfigurato fino a snaturare il senso stesso dell’insegnare e dell’imparare, sopravvissuto solo grazie ad uno sforzo di docenti di buona volontà che hanno remato contro una corrente fatta di burocrazia ed ideologia, blindate dentro il guscio di una lingua coniata ad hoc per puntellare un’impalcatura farlocca, i cui stilemi sono diventati idioma comune”.
“Un’alluvione normativa”
La Frezza si è occupata anche delle conseguenze della pandemia: “Lo choc pandemico ha rappresentato l’ultima tappa dirompente. In questi anni si è abbattuta sulla scuola un’alluvione normativa di emergenza che si è contraddistinta per un forte grado di inflessibilità. Ha avuto un effetto catapulta: da un lato ha gonfiato lo spazio in orario curriculare di contenuti effimeri e scadenti e performance imbarazzanti a scapito delle materie fondamentali. Dall’altro ha accelerato la transizione digitale”.
“Il rientro a scuola dopo il Covid, oltre a portare alla luce il danno psicofisico dei ragazzi, ha messo a nudo le paurose voragini cognitive accumulate nel tempo dagli scolari, più inselvaggiti e regrediti che mai. Non si può continuare a svuotare la scuola dei contenuti essenziali per sostituirli con paccottiglia usa e getta e alienarla nella dimensione asettica del virtuale”, ha aggiunto.
“Lo studio è lavoro”
Ecco l’appello dell’esperta: “La scuola deve tornare a essere scuola, deve tornare a educare i giovani alle cose alte, belle e durevoli lasciando la sfera intima alla famiglia, la naturale depositaria. Occorre abbandonare la decrepita retorica dell’innovazione, il mito dell’innovare per innovare, per cui tutto ciò che è nuovo è buono per definizione. Occorre anche liberarsi dalla suggestione vischiosa del protagonismo dell’alunno. Occorre rivalutare la figura professionale dell’insegnante, che nulla ha a che vedere con quella del facilitatore o dell’intrattenitore. Occorre lottare contro la semplificazione dei programmi e il degrado dei libri di testo, sempre più pieni di immagini e vuoti di parole, molte delle quali ridotte a slogan”.
“Lo studio non è gioco. Lo studio è lavoro, richiede impegno e sacrificio. Pretendere di eliminare questa componente è ingannevole. Togliendola non aiutiamo i giovani: li menomiamo, sottraiamo loro una insostituibile palestra di vita”, ha concluso Elisabetta Frezza.