Nel 2016 la più larga struttura corallina esistente sulla Terra ha visto uno sbiancamento senza precedenti a causa di un temporaneo aumento della temperatura del mare fino a 4 gradi: sbiancamento del 90% dei coralli e morte di più del 20%; al Nord, sono scomparsi due terzi dei coralli.
E’ il risultato di uno studio pubblicato su ‘Nature’ nei giorni scorsi, secondo il quale proteggere le barriere dalla pesca e migliorando la qualità dell’acqua non previene lo sbiancamento del corallo quando si verificano importanti aumenti della temperatura degli oceani.
“Lo sbiancamento che si è verificato nel 2016 rafforza fortemente la necessità urgente di limitare il cambiamento climatico, come concordato dai leader mondiali nell’Accordo di Parigi”.
“E’ stato il terzo maggior episodio che ha colpito la Grande Barriera dopo le più recenti ondate di calore del 1998 e del 2002. Ora ci stiamo attrezzando per studiare la potenziale numero ‘4’”, afferma Terry Hughes, professore a capo dell’Arc Centre of Excellence for Coral Reef Studies. Che aggiunge: “Il cambiamento climatico non è una minaccia futura. E’ qualcosa che colpisce la Grande Barriera Corallina da 18 anni” si legge sul ‘New York Times’.
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Pochi giorni fa è arrivato anche l’allarme lanciato da Greenpeace Australia: l’aumento delle temperature causato dai cambiamenti climatici la sta letteralmente “cuocendo viva”. Calore che uccide alcuni organismi viventi o alghe all’interno del corallo, provocandone lo sbiancamento.
Una delle principali attrazioni turistiche dell’Australia – ogni anno genera reddito per 5 miliardi di dollari australiani (3,9 miliardi di dollari) – la Grande Barriera Corallina sta per perdere lo status di patrimonio mondiale dell’Unesco, guadagnato nel 1981. Le Nazioni Unite dovranno decidere entro luglio se classificarla “in pericolo”.
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