Tanti epiteti hanno cercato di rappresentare questo personaggio straordinario: l’incantatrice dei numeri, la signora degli algoritmi, la regina del digitale. Nessun però riesce a restituire appieno la complessità e la bellezza di un personaggio straordinario come quello di Ada Lovelace. (1815-1852).
Figlia del grande poeta Lord Byron (1788-1824) e della matematica Anne Isabella Milbanke (1792-1860), Ada visse un’infanzia difficile segnata dalle malattie e dalla violenza della madre. Non smise mai di cercare quel padre che l’aveva abbandonata, ma mostrò da subito grandi doti in ambito matematico. Poesia e numeri: fu forse questo il magico connubio che diede vita a una fervida immaginazione e a un’intelligenza brillante che fece di Ada un personaggio più unico che raro. Capace di vedere un mondo invisibile, ma incredibilmente reale.
Fin da bambina tentò bizzarri esperimenti psicologici con il suo gatto, la signora Puff, e fondò una disciplina inedita che chiamò Flyology, in italiano Volologia, per costruire con cinquant’anni d’anticipo sul genere umano un aereo a vapore in grado di far volare il suo cane.
A 17 anni mostrava già un’abilità straordinaria in campo matematico. Costantemente riportata all’ordine da una madre sempre più oppressiva e violenta fu costretta a sposarsi con il conte di Lovelace, diventando così Ada Lovelace.
Ma questo non le impedì di coltivare le sue passione e soprattutto di conoscere in uno dei tanti eventi londinesi ai quali partecipava il matematico Charles Babbage.
Quando Ada aveva solo sei anni, nel 1821, Babbage era inciampato in un’idea bizzarra che avrebbe segnato la sua esistenza: costruire un macchina differenziale in grado di eseguire calcoli in autonomia. Un progetto che divenne sempre più ambizioso e quando Ada incontrò Babbage questi era oramai intenzionato a realizzare una gigantesca macchina analitica in grado intere serie di calcoli sulla base di diversi istruzioni e di restituire i risultati attraverso schede perforate.
Un personaggio che sembrava uscito da un libro di Hoffmann stregò la mente di Ada che gli chiese di partecipare al progetto. Insieme realizzarono almeno sulla carta qualcosa che nessuno a quel tempo fu pienamente in grado di capire. Perché se Babbage con la macchina analitica aveva di fatto ideato il primo computer meccanico della storia, la mente matematica di Ada fu in grado di realizzare un algoritmo in grado di calcolare i numeri di Bernoulli con la macchina analitica. Tradotto: compilò il primo software della storia. Ma non solo: a la mente di Ada era andata molto oltre: aveva capito che la scienza dei calcoli è una scienza in sé e possiede una sua realtà e un suo valore. Il suo grande contributo non fu solamente aver programmato il primo computer, ma aver intuito che una macchina che maneggiava i numeri poteva manipolare i simboli e dunque che in un mondo dove è ad esempio è possibile ridurre l’armonia a una serie di regole e numeri, quella macchina avrebbe potuto fare musica, o creare arte o addirittura generare una sua intelligenza.
Ada aveva intravisto i contorni della rivoluzione digitale, delle potenzialità di filtrare l’essenza del mondo attraverso i numeri, aveva previsto l’avvento di intelligenze artificiali fatte di immense sequenze di calcoli.
L’immaginazione, scriveva questa donna visionaria, è la facoltà combinatoria che individua punti in comune tra soggetti che apparentemente non sono collegati. Poesia e matematica diedero vita a un progetto eccezionale con un secolo di anticipo.
Mentre tutti pensavano ai telai Ada e Charles sognarono i computer. E per tutta la vita ci hanno supplicato di non smettere di sognare e di alimentare la nostra immaginazione.
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