La gravidanza delle professoresse…

Con un articolo di Pietro Piovani, a dir poco scioccante, il quotidiano “Il Messaggero”, alle ore 00.03 di giovedì 30 ottobre, fa comparire sulla sua testata online questo titolo: “La Scuola incentiva la natalità. Delle maestre”

All’interno del pezzo, il giornalista si lascia andare ad un’analisi psico-sociologica delle insegnanti fresche di nomina, enunciando un teorema di cui riportiamo due passaggi:
“….Cosa fa una maestra precaria che si trova a lavorare in una scuola dove l’ambiente è ostile? Si fa mettere incinta dal marito, così per qualche mese può starsene a casa, poi l’anno successivo sceglierà un’altra scuola.” 
“Le docenti incinte sono solo un sintomo della crisi della scuola italiana. La stabilizzazione dei precari che partirà l’anno prossimo è un primo passo per superare questa crisi.”

L’intero articolo lo potete leggere a questo link  “La scuola incentiva la natalità. Delle maestre”

Confidando che il direttore responsabile de “Il Messaggero” voglia dare lo stesso spazio che ha dato all’autore dell’articolo, riportiamo di seguito la replica di Antonella Negro e Maria Calvaresi, due insegnanti facenti parte del “Gruppo facebook:  “Supplenti della Scuola per la Qualità e Dignità del Lavoro” (gruppo composto da 5400 iscritti tra docenti e Ata).

Antonella N.: “In un pomeriggio uggioso, mi imbatto in un articolo di giornale suggeritomi da un collega. Leggo che le giovani docenti immesse in ruolo, dovendo accettare una cattedra un po’ distante dalla loro abitazione , per evitare il viaggio decidono di rimanere incinte , così non dovranno andare a lavorare. Nello stesso modo potrebbero agire le prof meridionali per tornare a casa loro con una cattedra provvisoria. E poi, ciliegina sulla torta:” le docenti incinte sono un sintomo della crisi della scuola italiana” .
Mi scappa da ridere. Non so come mai ma spesso a parlare della scuola italiana è chi nella scuola non ci mette piede da un ventennio. Non mi piacciono le generalizzazioni per cui voglio parlare della mia esperienza personale. A 29 anni, precaria da qualche tempo , mi sposo per formare una famiglia e metto in cantiere il mio primo bambino. Finalmente al terzo mese di gravidanza ho la mia bella convocazione fino alla fine dell’anno, ma con un contratto a progetto finanziato attraverso i fondi europei che ,fortunatamente, la mia regione ha assegnato alle scuole per aiutare i ragazzi in difficoltà. La sede dista una trentina di chilometri dalla mia città , non ho la macchina ma vivo vicino alla stazione e ogni mattina prendo il treno e arrivata al paesello , faccio un chilometro a piedi per arrivare alla scuola. Stessa cosa per il ritorno a casa.

A metà aprile mi dicono che per legge devo lasciare l’incarico perché sono ormai arrivata all’ottavo mese di gravidanza. Mi prende in giro anche la vice preside perché teme partorisca in classe. Io non voglio lasciare: il lavoro è duro ma i ragazzi hanno bisogno di me! Non mi rassegno: vado all’Inps dove mi dicono che per un altro mese posso lavorare con un certificato del mio medico e prendendomi ogni responsabilità. Lo faccio e continuo a prendere il treno. Il 20 maggio sono costretta a lasciare ma ho portato a termine il mio lavoro. Però il mio bel co co.co.pro non ha tutelato la mia maternità in alcun modo: non ho avuto i mesi di astensione precedenti e successivi al parto nè le ore di allattamento del mio bambino fino al compimento del primo anno di vita, perché anche l’anno dopo ho accettato un co co pro.
Benedetto co.co.pro che mi ha fatto lavorare e fare ciò che amo e per cui ho lottato!
Che stupida : avrei potuto aspettare a fare un figlio quando avessi avuto un contratto normale….sia ben chiaro mettendomi d’accordo con madre natura! In effetti poi sono rimasta incinta quando avevo un contratto normale e tutti i diritti…. Anche in quel caso per lavoro viaggiavo, ma mi sentivo bene. Invece probabilmente non avrei dovuto e quel bimbo l’ho perso. Quanti giorni mi sono assentata da scuola in quella circostanza? 2, il venerdì per l’intervento e il sabato e domenica riposo. Il lunedì ero di nuovo a scuola, almeno non ci avrei pensato.
Decine di colleghe vivono esperienze simili alla mia. Per cui di cosa stiamo parlando? Deve fare scalpore e donne tra i 30 e i quarant’anni mettano al mondo dei figli? E meno male che lo fanno altrimenti gli italiani scomparirebbero dal globo!”

Ecco di seguito la risposta dell’altra insegnante.

Maria C: “Il mio ruolo di educatrice/insegnante mi spinge a rispondere a questa montagna di sciocchezze che lei vuol far passare per articolo di giornale. 
A scuola quando un collega o una collega insegnano ad un discente come produrre un articolo, una delle prime raccomandazioni è la conoscenza dell’argomento di cui si andrà a trattare. Lei ovviamente dovrebbe saperlo, ma qui dimostra totalmente il contrario. La invito ad informarsi della complessità delle questione che invece ha trattato in modo superficiale e diffamante, in oltre se lei stesso non trovasse opportuno seguire il mio consiglio e magari porgere anche delle scuse, devo proprio dirle che ha sbagliato mestiere, e che, a mio avviso, non sono “Le docenti incinte” un sintomo della crisi della scuola italiana, ma i qualunquisti come lei, sintomo della crisi del giornalismo italiano”.

P.S. L’insegnante Annalisa Bianchi aggiunge: “Giusto per rispondere al giornalista: ho avuto un contratto annuale di 12 h su SOS. Ho un bimbo di 9 mesi e avrei diritto alle ore di allattamento. Non le ho prese perché togliermi 4 h significherebbe una figura diversa per il bimbo che seguo. Non lo faccio per essere lodata né per soldi ovviamente. Ma mi piacerebbe che si raccontassero anche aspetti diversi della scuola, senza cadere sempre nei soliti luoghi comuni.”

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