La laurea è ritenuto storicamente elemento indispensabile per trovare un buon lavoro, tutto vero ma dipende da quale percorso di studio si prende.
A indicare questa tendenza è il Sistema informativo Excelsior di Unioncamere (qui il report completo) nel recente report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine”: tra il 2024 e il 2028.
Sono poco meno di 494mila i contratti di assunzione (di durata superiore ad un mese o a tempo indeterminato) programmati dalle imprese a maggio e quasi 1,6 milioni per il trimestre maggio-luglio, con un incremento della domanda di lavoro di circa 27mila unità rispetto a maggio 2023 (+5,8%) e di quasi 35mila unità sul corrispondente trimestre (+2,2%).
Sempre secondo i dati del report 4 posti su 10 saranno occupati da personale con titolo di studio di livello terziario, quindi parliamo di università, accademie, e ITS cioè quei percorsi scolastici post diploma organizzato da Fondazioni ed aziende.
Non è l’unico dato interessante dell’inchiesta, altro aspetto rilevante è il fatto che non tutte le lauree hanno lo stesso valore in termini di spendibilità con il mondo del lavoro. Alcuni titoli di studio sembrano, infatti, avere più appeal sul mercato del lavoro rispetto ad altre. E la cosa ulteriormente interessante è che tra queste non ci sono solo quelle più famose e più pubblicizzate.
Tra i primi posti delle lauree che favoriscono l’accesso al lavoro troviamo quelle relative alle aree STEM, ma anche quelle in ambito statistico, poi troviamo quelle in ambito medico-sanitario ed infine quelle relative al contesto formativo.
Le stime per i prossimi 5 anni indicano che la metà dei lavori sarà occupata da personale in possesso di un titolo terziario quindi post diploma, dato in crescita considerando che dai dati Istat del 2022 lavoratori in possesso almeno di una laurea rappresentavano solo il 24% degli occupati.
Attenzione che non sono solo i laureati ad avere grandi prospettive occupazionali ma anche i diplomati tecnici con circa il 46%, mentre sembrano non aver l’appeal giusto per il mondo del lavoro i diplomati liceali con circa il 4% delle occupazioni.
Tornando alle richieste del mondo del lavoro, come riporta anche TGCOM, sono attesi oltre 80 mila posti di lavoro all’anno in ambito STEM, tra cui circa 40 mila per gli indirizzi ingegneristici, mentre oltre 12 mila quelli attesi per matematici, fisici ed informatici.
Per gli indirizzi Extra STEM si registrano, e questa è una grande novità, numeri da record con numeri che oscillano tra i 44 e i 50 mila persone all’anno per professionisti in ambito insegnamento, medico sanitario e per laureati in area politico sociale e giuridico.
Basse le richieste, invece, per l’area psicologica, l’area chimica-farmaceutica, il settore agrario e quello linguistico.
Per tutti i diplomati con formazione quindi di livello secondario, la maggior richiesta arriverà dal mondo del privato con oltre il 55% delle richieste, mentre la Pubblica Amministrazione rispetto al passato sta prediligendo il laureato.
Il problema di fondo non sembra essere, dunque la mancanza di necessità di laureati, perché come abbiamo visto i numeri dicono che nei prossimi anni ce ne sarà bisogno eccome, ma del mismatch tra domanda ed offerta. In altri termini, non tutte le lauree sono uguali per le aziende e per la PA, in alcuni ambiti mancano e mancheranno sempre più persone con lo specifico know how richiesto in altri casi il numero di laureati è superiore alla richiesta espressa dal mondo del lavoro.
Su questo aspetto, forse, andrebbe fatta una riflessione ampia sulle facoltà a numero chiuso e sugli orientamenti scolastici sia per la scelta delle superiori che per la scelta del corso di laurea.
Il risultato di questa analisi è riconducibile al fatto che certamente laurearsi è utile ai fini del lavoro, aiuta e facilita trovare un posto di lavoro e le possibilità di crescita professionale, ma non è valido sempre, dipende dalla facoltà presa. Gli indirizzi che abbiamo visto saranno quelli maggiormente richiesti nei prossimi anni sono proprio quelli che avranno il maggior gap tra esigenze e persone disponibili e quindi maggiore possibilità di crescita professionale e remunerativi.
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