La laurea non cambia “pelle”. Almeno per il momento

La laurea non cambia “pelle”. Almeno per il momento. Il suo valore, in particolare utile concorrere per l’accesso nel mondo del lavoro attraverso la partecipazione ai concorsi pubblici, rimane immutato. Nel testo definitivo del decreto legge sulle semplificazioni, approvato dal Consiglio dei ministri il 27 gennaio, non vi è infatti più traccia del provvedimento che nelle intenzioni dell’esecutivo Monti avrebbe dovuto minimizzare le varietà di titoli e di votazioni accademiche. È stato lo stesso presidente del Consiglio, Mario Monti, ad annunciare il cambiamento di programma, attraverso la conferenza stampa di presentazione del decreto: il Cdm ha anche deciso che avvierà una consultazione pubblica sul tema attraverso il sito del ministero dell’Istruzione.
Dagli studenti, che negli ultimi giorni avevano in più occasioni contestato la norma che riduceva la valenza della laurea, anche consegnando al ministro Profumo delle contro-proposte costruttiva, sono giunte parole di consenso. Sia per la decisione di non approvare il provvedimento, sia per quella di creare un dibattito per conoscere le motivazioni del dissenso. “Gli studenti e le studentesse della Rete della Conoscenza – spiega Claudio Riccio, uno dei responsabili dell’organizzazione studentesca media e universitaria – parteciperanno a questa consultazione con la forza delle proprie idee. Non intendiamo attendere che la consultazione ufficiale abbia inizio. Come abbiamo sempre fatto in questi anni ci confronteremo da subito nel merito delle proposte, con studenti, ricercatori e con chiunque abbia a cuore il futuro dell’università pubblica”. 
Gli studenti hanno annunciato che il confronto si svolgerà sul blog dell’AltraRiforma: i giovani che lo vorranno potranno “esprimersi e portare i propri contributi, raccoglieremo articoli, interventi, proposte”. Oltre che nelle facoltà, nelle aule, nei corridoi, nelle assemblee. Non si fidano della promessa del Premier. E si rivolgono al ministro Profumo: “abbia il coraggio – dice Luca Spadon, del Link-Coordinamento universitario – di fare una vera consultazione, democratica e vincolante, altrimenti saranno gli studenti a organizzarsi dal basso per far sentire la propria voce”. Per chiedere “che si investa seriamente sul valore reale del titolo di studio, ovvero sulla qualità della didattica, sui servizi agli studenti, sulla serietà della valutazione”.
Oltre alle pressioni degli studenti, la frenata del Governo sulla revisione del titolo di laurea si deve anche alle perplessità espresse da diversi parlamentari. Anche facenti parte la maggioranza che sostiene l’attuale governo tecnico. Come Antonio Rusconi, capogruppo del Pd nella commissione Istruzione: “non vogliamo, come Pd, difendere a tutti i costi un ‘feticcio’, ma desidereremmo – ha sottolineato Rusconi – che il Ministro e il Governo prenda in esame il lavoro di oltre un anno della commissione Istruzione del Senato, le audizioni che hanno coinvolto Confindustria, i sindacati, gli esperti dei maggiori paesi europei, perché penso sia anche rispettoso del Parlamento. A noi interessa il valore reale del titolo di studio e dunque le opportunità reali che i nostri giovani avranno per le loro capacità e i loro meriti“.
Per Giulia Rodano, responsabile cultura e istruzione dell`Italia dei Valori, smontare il valore legale della laurea “avrebbe significato penalizzare i migliori studenti delle università considerate più svantaggiate e favorire studenti più mediocri, solo perché hanno frequentato università più blasonate”. Per l’esponente dell’Idv si sarebbe attuato “il contrario del sostegno al merito e per di più la violazione del principio di uguaglianza, sancito dalla Costituzione. È la bravura dei laureati che dà valore all’università e non il contrario”.
Gli studenti hanno ragione: il dibattito sul tema è già iniziato. E seguendo il tenore (critico) dei primi interventi, Monti ha fatto bene a rimandare la decisione.

Alessandro Giuliani

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