Una ricerca su New skills at work realizzata dall’Università Bocconi in collaborazione con J.P. Morgan sostiene che le lauree scientifiche non consentono un lavoro adeguato agli studi. Se infatti nel 2015 aveva il 50% di possibilità in più di trovare lavoro chi fosse maschio tra i 40-44 anni, fosse residente al Nord, e fosse laureato, il più svantaggiato era invece una donna tra i 20 e i 24 anni, residente al Sud, con licenza media o inferiore.
Non si comprende perché, invece, non vengano considerate valide le supplenze per il raggiungimento dei cinque anni di servizio minimi: escludendo, così, ancora una volta dalle prove concorsuali tutti i docenti non di ruolo ma già abilitati all’insegnamento e con un congruo servizio alle spalle.
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Soprattutto in Italia, secondo la stessa ricerca, il passaggio tra la scuola e il mondo del lavoro risulta difficile, perché non vi è corrispondenza tra quanto appreso e le competenze richieste dal mercato del lavoro, per cui le conseguenze sarebbero: il 6,5% della forza lavoro è rappresentato da ragazzi compresi tra i 15 e i 24 anni di età, ma i disoccupati di lungo periodo rappresentano il 20,3%. Tra i 2007 e il 2015 i tassi di disoccupazione (giovani+adulti) è passata dal 14% al 31%. E’ una percentuale addirittura del 76% quella di coloro che la ricerca definisce “sovra qualificati” (over-skilling), e del 79% quella dei “sotto qualificati”. L’over-skilling è maggiormente diffuso tra i laureati (19,6%), che sale al 30% tra i laureati in materie scientifiche.
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