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La Lega insiste: lingue e dialetti obbligatori nella scuola dell’obbligo

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 “In un mondo globalizzato come il nostro diventa fondamentale trasmettere alle nuove generazioni attraverso la scuola le nostre lingue che sono segno e sostanza della nostra appartenenza culturale”: con queste parole il senatore Federico Bricolo, presidente della Lega Nord, ha annunciato di aver presentato un disegno di legge che prevede l’obbligo di insegnare nella scuola dell’obbligo le lingue e i dialetti delle comunità territoriali e regionali. La proposta di legge, che porta la sua firma e quella degli altri senatori del gruppo parlamentare, è stata presentata a Palazzo Madama.
“La difesa della nostra storia e della nostra cultura – ha spiegato Bricolo – passa anche attraverso l’insegnamento delle nostre lingue e dialetti nelle scuole. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge che preveda l’obbligo di insegnamento anche di queste materie nelle scuole”.
Per il rappresentante della Lega ed i firmatari del progetto il ddl è tutt’altro che anacronistico e inadeguato ai tempi: “chi ci critica tenga conto – ha detto il capogruppo leghista – che la stessa Carta Europea per le lingue regionali o minoritarie sottoscritta a Strasburgo nel 1992 riconosce il `diritto imprescrittibile delle popolazioni ad esprimersi nelle loro lingue nell’ambito della loro vita privata e sociale`. Un diritto che, d’altra parte, è già garantito da tempo da molti paesi europei. Per questo – ha concluso Bricolo – pensiamo a una scuola che prepari i giovani ad affrontare al meglio il mondo del lavoro ma che li renda anche fieri e orgogliosi delle proprie radici”.
In realtà il disegno di legge rientra in un progetto di istituzionalizzazione delle tradizioni locali, a cui la Lega ha sempre detto a chiare lettere di tenere particolarmente. E che quindi si impegnerà al massimo per tramutarlo in legge.  In realtà, statistiche alla mano, è molto difficile che vi riesca: è il destino, del resto, della grandissima parte dei progetti di legge, in particolare quelli sulla scuola. Ma questo è un altro discorso.
Il ddl fa seguito ad una proposta analoga che intende introdurre l’insegnamento del dialetto, anche se solo quello veneto, presentata nei giorni scorsi dal ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia (sempre della Lega Nord): “le lingue – ha spiegato il ministro Zaia – sono ricchezze che appartengono ai popoli e non alle burocrazie. Il veneto è lingua e ne siamo orgogliosi. Nessuno ancora è stato in grado di spiegarci perché non la si possa insegnare a scuola, così correndo il rischio di disperdere una radice, una vitalità e una cultura che invece è dovere di tutti noi curare”. La proposta però sinora ha raccolto più dissensi che consensi. Anche, un po’ a sorpresa, da parte di esponenti del Centro-Destra. Tra i più piccati quello dell’assessore regionale all’istruzione del Veneto, Elena Donazzan (An), che ha accostato il progetto di Zaia ad una “sagra paesana” e associandolo a un “provincialismo del dialetto. Non sopporto più – ha concluso Donazzan di vedere svilita e relegata al dialettismo la nostra cultura veneta”.