È il secondo ritorno al passato, quello di Matteo Salvini, sulla percentuale di alunni stranieri per classe.
Il primo, come abbiamo già scritto, lo ha sollevato il ministro Valditara, leghista in un governo di destra, relativamente alle classi separate per stranieri. Un provvedimento che fu bocciato nel 2008 e di cui parve smarrirsi la memoria, ma che è stato riscoperto con una procedura storica vichiana, senza tuttavia quella robusta levata di scudi della sinistra, e non solo, che al tempo ne impedì l’attuazione.
Ora viene proposto il secondo “ritorno al passato” nel parere di Matteo Salvini di programmare un limite al numero degli alunni stranieri in ciascuna classe, pari al 20%.
All’epoca, quando la ministra dell’istruzione Mariastella Gelmini diramò la circolare, era prevista la distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana in modo da non superare il tetto del 30% in ciascuna classe.
La circolare prevedeva inoltre l’introduzione di tale limite a partire dall’anno scolastico successivo, 2010-2011, e in modo graduale.
Aggiungendo che eventuali eccezioni e deroghe potranno essere consentite dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale in presenza di alunni stranieri già titolari di adeguate competenze linguistiche, di istituti scolastici che abbiano a disposizione particolari risorse professionali e strutture di supporto, ovvero consolidate e positive esperienze didattiche, ovvero al fine di salvaguardare la continuità didattica e, in ultima istanza, per ragioni di necessità per l’oggettiva esistenza di soluzioni alternative.
La circolare, inviata alle scuole era intitolata: “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana”.
Gemini all’epoca sottolineava: “Introdurre un tetto alla presenza degli stranieri in classe non è certo un problema di razzismo, ma un problema soprattutto didattico che servirà a favorire l’integrazione. La scuola deve saper accogliere tutte le culture e i bambini del mondo, ma anche mantenere con orgoglio le proprie tradizioni storiche e insegnare la cultura del nostro paese. I bambini stranieri devono essere inseriti nelle classi con i bambini italiani per evitare, come accade in molte città che si formino scuole e classi composte solo da stranieri”.
Ma, come è ormai storia, sul provvedimento la politica si spaccò.
Se da un versante la Lega esultava per la circolare della ministra, il Pd solleva dubbi, attraverso Livia Turco: “Il tetto non risolve il problema”, mentre la Conferenza dei vescovi invitava ad “essere equilibrati nell’applicare la norma, a non estremizzare le posizioni, non renderle crude”.
Per la Flc-Cgil il tetto era “una misura sbagliata che determinerà una maggiore ghettizzazione”.
Francesca Puglisi, responsabile nazionale scuola del Partito Democratico del tempo, chiosava: “E’ sbagliato il provvedimento del Governo sul tetto del 30% di bambini immigrati nelle classi. Si cerca di rispondere ad una giusta preoccupazione, quella di non creare classi ghetto, con un metodo però assolutamente sbagliato, limitando il diritto di accesso all’istruzione garantito dalla nostra Costituzione e dalla dichiarazione universale dei diritti dell’infanzia e dell’ adolescenza. Sbagliato, tra l’altro, pensare che ogni bambino immigrato di per sè costituisca ‘un problema’ per la didattica della classe. Chi ha frequentato un percorso di scolarizzazione dalla scuola dell’infanzia o è nato addirittura nel nostro Paese ha le stesse competenze linguistiche dei bambini Italiani”.
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