Come è noto il personale della scuola conta circa 1 milione di persone, tra docenti e Ata, numero che praticamente equivale agli stessi voti conquistati da “Liberi e Uguali”, il partito di Grasso e di Bersani, alle elezioni del 4 marzo scorso. Se però a quel milione di personale del Miur associamo anche un solo parente o un solo amico, il numero complessivo si raddoppia cosicchè, se ci fosse un partito della scuola, potrebbe contare su due milioni e oltre di elettori.
Facciamo questa riflessione, non per perorare questa causa, ma per esaminare uno dei motivi della sconfitta del Pd di Renzi che quando presentò la “buona scuola” annunciò che avrebbe “stupito” l’intero mondo dell’istruzione: è invece proprio gran parte di quegli addetti gli si è, forse, voltato contro.
Come mai?
Non si può infatti nominare, a un dicastero così importante e delicato, un personaggio per rispettare gli equilibri delle alleanze. E non è una critica a Stefania Giannini, più onestamente una osservazione all’andazzo per cui i ministeri sono frutto di spartizione politica e non di competenze. Quanto avrebbe giovato di più al Pd se avesse nominato un accademico di rilevo o comunque una personalità di alto profilo e che della scuola ne sapesse tutti i misteri? E invece, ha continuato, col governo Gentiloni, sulla stessa scia, tenendo solo conto della ricucitura, nominando Valeria Fedeli, col sindacato e con la Flc-Cgil in particolare, e non della sapienza che merita la galassia istruzione. Il personale anche questa mossa ha capito e non l’ha scordato.
Contestualmente, da un lato ha elargito 80 euro al mese e 500 euro l’anno per l’aggiornamento dei prof, ma dall’altro non ha saputo gestire tutta la vicenda contrattuale, lasciando tutti scontenti. Una politica più accorta, più lungimirante e più attenta alle reali esigenze del personale avrebbe forse permesso di ottenere maggiori consensi, mentre tutti quei soldi spesi sono sembrati più una elemosina che un atto dovuto, un riconoscimento al lavoro dei docenti.
Tutti si sono accorti che nelle pieghe della Legge 107, detta impropriamente della “buona scuola”, c’era una manovra che faceva riferimento all’accordo con la destra, valga per tutti la chiamata diretta dei prof da parte dei dirigenti scolastici, una vecchia perorazione da anni fatta propria già ai tempi di Letizia Moratti e della sua Vice Valentina Aprea. In pratica delle grandi teorizzazioni della sinistra sulla scuola, dal biennio comune, alla implementazione della musica, alla rivalutazione del lavoro dei docenti, ai concorsi a scadenza biennale dopo la laurea magistrale, alla sistemazione complessiva dei precari, alla riformulazione del curriculo scolastico e delle materie non si è fatto nulla; anzi si è scelto di fare passare appunto le proposte della destra, perfino sul finanziamento alla scuola privata che, anche per dettato costituzionale, non può ricevere soldi dello Stato.
E in ultimo, come se non bastasse, dopo il formidabile sforzo di istituire l’organico aggiuntivo per sistemare centinaia di miglia di precari delle GaE, fanno uscire gli strateghi del Pd, imboscati al Miur, l’idea dei trasferimenti su ambiti territoriali, che, sconquassando la certezza delle province e dei distretti, sono sembrati delle vere e proprie punizioni nei confronti dei docenti ambulanti e migranti. Un assurdo che ancora fa tremare le vene e i polsi, nella considerazione che nessuna certezza venga offerta ai richiedenti la mobilità.
È vero che, come nello scorso anno, mai ci sono stati tanti accoglimenti di domande di trasferimento, ma è anche vero che si è affidata una operazione così importante e fondamentale per la salute psicofisica di miglia di prof in giro per l’Italia, a un algoritmo fuori di senno, sballato e obsoleto. Di chi la colpa? In ogni caso di chi è appollaiato al Miur.
Motivi di dissidio, di malumore, di rabbia nei confronti del Governo a guida Pd ce ne sono tanti, esecutivo di centrosinistra che, come appunto abbiamo già detto, non ha fatto altro che fare passare molte istanze di centrodestra, piuttosto che andare alla ricerca di quelle proposte che per anni la sinistra aveva proposto, attraverso elaborazioni culturali di altro profilo, come riforme al mondo della scuola.
Sicuramente, i motivi della sconfitta del partito di Renzi non riguardano solo la scuola e non sono solo questi pochi di cui ci siamo occupati, ma è un dato di fatto che centinaia di migliaia di prof hanno cambiato bandiera e per il chiaro motivo di essersi sentiti beffati e turlupinati da un Governo dal quale molto si aspettavano.
Non sappiamo fino a che punto, ma i numeri sono chiari.
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