C’è chi parla di legge 107 da monitorare, chi dice che bisogna fare un “check up”, chi parla di aggiustamenti, chi chiede che vengano quanto meno eliminare le norme sugli ambiti territoriali e sul merito e chi, infine, sostiene che l’intera legge va cancellata, abrogata.
Per adesso gli unici dati certi sono le “aperture” verbali che la ministra Fedeli ha fatto il 22 dicembre incontrando i sindacati e l’atto di indirizzo del giorno successivo: due sortite che però sembra dare segnali contrastanti.
In ogni caso un fatto è certo ed è bene che tutti ne siano consapevoli.
Nel nostro ordinamento le norme di legge possono essere superate solo con altre norme aventi valore di legge.
Non è dato che una disposizione di legge venga cancellata o anche solo modificata con un atto di natura amministrativa come potrebbe essere un decreto ministeriale.
Oltretutto – non sarebbe male ricordarlo – modificare una disposizione di legge con un decreto ministeriale sarebbe persino un “affronto” nei confronti del Parlamento che, secondo la nostra Costituzione, è l’unico organo titolare del potere legislativo (solo in casi di necessità e urgenza il Governo può ricorrere al decreto legge che però deve essere convertito in legge – sempre dal Parlamento – entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso).
E’ bene dunque essere consapevoli che l’unica possibilità che la Ministra ha di modificare una o più disposizione della legge è quella di rivolgersi al Parlamento chiedendo di approvare una nuova legge; in alternativa potrebbe proporre al Consiglio dei Ministri un decreto legge che entrerebbe sì in vigore da subito ma che avrebbe poi bisogno della approvazione delle Camere.
Facendo due conti vorrebbe dire che un eventuale decreto legge adottato dal Governo entro la metà di gennaio diventerebbe legge a metà marzo e non prima: ma si tratta di fanta-politica visto che per il momento le “carte” (e cioè l’atto di indirizzo) dicono ben altro.
C’è chi auspica che le modifiche vengano fatte per via contrattuale, ma anche in questo non bisogna dimenticare che i contratti – dopo l’entrata in vigore del decreto Brunetta del 2009 – non possono derogare a norme di legge: in qualche caso sindacati e uffici del Miur hanno provato a forzare la mano ma si sono quasi sempre trovati poi di fronte al no irremovibile di MEF e Dipartimento della Funzione Pubblica che sono tenuti per legge a dare il via libera ai contratti pubblici.
Insomma, al di là delle dichiarazioni e delle intenzioni resta il fatto che la nostra Costituzione stabilisce regole ben precise e quindi per modificare una legge è necessario l’intervento del Parlamento. Ed è bene ricordare che il 4 dicembre scorso il corpo elettorale ha votato NO proprio perchè vuole che la Costituzione non venga modificata.
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