Le dichiarazioni rilasciate da Renzi a Repubblica TV potrebbero indurre lo schieramento anti legge 107 a “mangiarsi le mani”.
Il premier ha infatti ammesso che all’indomani dello sciopero del 5 maggio era rimasto molto colpito dalla protesta del mondo della scuola e che era quasi sul punto di tornare indiero.
Se questo è vero, c’è allora da chiedersi cosa sarebbe successo se da quel momento in poi i sindacati avessero intensificato la lotta anziché incominciare a “tirare i remi in barca”.
“Tutti avevamo il sentore che un vero blocco degli scrutini avrebbe potuto mettere in seria difficoltà il Governo – commenta Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas – ma le norme di autoregolamentazione sono piuttosto pesanti e prevedono multe salate ove vengano violate. I sindacati di base non avrebbero potuto sopportarle, per un sindacato come il nostro pagare 100-200mila euro di multa equivarrebbe alla chiusura dell’attività.
Per i sindacati confederali sarebbe stato ben diverso, ma siccome il codice di autoregolamentazione è stato da loro stessi voluto, è ovvio che lo sciopero di giugno non ha avuto i risultati che si sarebbero potuti ottenere con un vero blocco degli scrutini”.
Peraltro, la stessa minaccia di creare “un vietnam in ogni scuola” a partire da settembre è rimasta solo sulla carta.
“Certo – aggiunge d’Errico – anche se va detto che una eventuale lotta a partire da settembre avrebbe potuto avere come risultato massimo quello di spuntare il rinvio di un anno di una legge che ormai era stata approvata già a luglio”.
“Senza contare – conclude il segretario Unicobas – che la smobilitazione è arrivata anche dalla stessa categoria. I docenti, fin dall’inizio dell’anno, si sono rassegnati e hanno abbandonato anche l’unica battaglia che ancora poteva essere condotta nelle scuole e cioè il boicottaggio dei comitati di valutazione. E invece sono andati appresso alla scandalosa proposta dei 4 sindacati maggiori di entrare nei comitati, nominando magari le stesse RSU”.
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