Più che legge contro il cyberbullismo, sarebbe la più pericolosa legge-censura della storia d’Europa e che, oltre a non risolvere il problema, rischia di creare altri problemi, più grandi ancora, di ordine etico e logistico.
Lo sostiene in un articolo Wired.it.
La proposta “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo“ prevede che il “gestore di un sito” (chiunque esso sia), elimini contenuti che possano provocare “ansia” sotto iniziativa di un richiedente, anche quando non sia accertato reato di stalking, diffamazione, ingiuria, ecc. L’art. 2 del testo delle commissioni recita infatti: “Ai fini della presente legge, con il termine «bullismo» si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico o le condizioni personali e sociali della vittima”.
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La mancata rimozione nell’arco delle successive 24 ore porterebbe sanzioni fino a 180mila euro. Il che comporterebbe una differenza tra chi può permettersi il contenzioso e chi no, portando chi non può a intervenire con la rimozione prima di altri. Non solo. Il testo delle commissioni prevede che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, i gestori dei siti dovranno dotarsi di specifiche procedure per la ricezione e la gestione delle istanze di oscuramento, “dandone informazione tramite avvisi chiari e di facile individuazione pubblicati nella pagina iniziale degli stessi siti”.
A questo punto, secondo gli analisti, non è difficile immaginare come il testo, così realizzato, presti il fianco ad abusi e interpretazioni che sposterebbero il fuoco sulla censura, con una “sicura incompatibilità con la Convenzione Europea dei diritti umani, che sancisce la libertà di opinione” e anche, “con la Direttiva europea 2000/31 sul commercio elettronico, che prevede meccanismi diversi per la rimozione dal web di contenuti illegittimi”.